giovedì 14 febbraio 2019

NEBBIOLO NORDICO: L'ALTO PIEMONTE

All’Agriturismo Battibue di Fiorenzuola d’Arda (Pc), gestito dalla famiglia Bisagni, abbiamo ripreso il viaggio nel mondo del vino europeo insieme a Slow Food Piacenza. Quarta tappa dedicata ai Nebbiolo dell’Alto Piemonte. 
L’Alto Piemonte è una macro-area molto vasta che solo per comodità viene racchiusa in un unico calderone, ma che in realtà offre al proprio interno una diversificazione pedo-climatica importante. 
Tante province viticole che si estendono dalla base del Monte Rosa fino alla parte settentrionale della pianura padana, passando per le risaie novaresi e vercellesi. Un susseguirsi di situazioni climatiche e geologiche che influenzano profondamente i risultati enologici. 
Ma se esiste un Alto Piemonte ce ne sarà pure uno Basso che, guarda caso, è proprio quello a cui di solito viene associato automaticamente il nebbiolo: le Langhe (anche se ormai pare certo come il nebbiolo si sia affacciato prima tra Alto Piemonte e Valtellina e solo in seguito sia sceso verso l’attuale provincia di Cuneo). Vediamo dunque le principali differenze tra le due aree, distanti 130-140 km in linea d’aria. 
In Alto Piemonte piove di più, fa più freddo e le escursioni termiche giorno/notte sono maggiori rispetto alle Langhe. Questo comporta un ritardo delle maturazioni e profili organolettici più giocati sulla finezza e la freschezza, meno sulla concentrazione tannica.


Fino a qui il clima, perché anche i suoli sono diversissimi, hanno una matrice molto differente e pH quasi opposti, nel senso che se in Alto questi ultimi sono intorno a 4 (acidi), anche meno a Boca, in Basso sono al contrario molto più alti (subalcalini). Se poi nelle Langhe prevalgono argille e marne calcaree (a tratti sabbie marine), in Alto Piemonte la faccenda cambia. Ad esempio, limitandosi alle denominazioni protagoniste della serata, a Boca ci sono porfidi rosa e graniti, a Ghemme troviamo suoli morenici argillosi e ciottolosi, mentre a Lessona dominano sabbie di origine vulcanica. 
Quindi anche all’interno dell’Alto Piemonte le differenze non mancano e se a Boca i caratteri dei vini sono nordici, con esiti più sottili, quasi ossuti nella annate più fresche, a Ghemme le strutture si allargano facendosi più muscolari, pur senza arrivare alle possanze langarole, mentre a Lessona troviamo gli approcci apparentemente più morbidi e setosi anche se animati da grandi sapidità. 
L’alto Piemonte da alcuni anni sta vivendo una rinascita dopo decenni di crisi che l’ha portato sulle soglie dell’estinzione. Da serbatoio vinicolo del Piemonte con oltre 40.000 ettari in produzione tra fine ‘800 e inizio ‘900 a Cenerentola dove le vigne, ridotte a poche centinaia di ettari alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, erano state mangiate dai boschi (l’opposto di quello che negli ultimi anni è avvenuto in Langa).


Cosa era successo? 
Prima la fillossera e poi le Guerre Mondiali, il tutto inframezzato da una devastante grandinata nei primi anni del ‘900, avevano messo in ginocchio i viticoltori che hanno così scelto di abbandonare le campagne per entrare nelle grosse fabbriche (tessili e non solo) nate nel corso dei decenni. Ancora oggi a girar per queste zone quasi si fatica a percepire che ci si trova in una zona vitivinicola, perché spesso i filari si nascondono tra un bosco ed un quartiere residenziale, vanno scovate. Per fortuna negli ultimi 15-20 anni il trend negativo è mutato e, poco a poco, gli ettari hanno ricominciato ad aumentare. Molto del merito va ad uno svizzero tedesco, anzi due. 
Cristoph Künzli, importatore di vini, arriva a Boca a metà anni ’90, si innamora della zona e dei vini del Sig. Cerri. Coinvolge un amico (che scomparirà alcuni anni dopo), rileva vigne e cantina, fonda Le Piane e – un po’ grazie ai suoi contatti commerciali internazionali, un po’ grazie alla qualità dei  vini – rimette Boca e più in generale tutto l’Alto Piemonte sotto i riflettori. Oggi a Boca si è passati dai 10 ettari del 1999 (erano 4.000 all’inizio del ‘900) ai 25-26 attuali. Qualcosa si è mosso. Anche in termini di curiosità e di interesse. Le capacità espressive dei Nebbiolo dell’Alto Piemonte, l’”altro” nebbiolo che qui viene chiamato "spanna", alternativo a quello delle Langhe negli ultimi tempi hanno spinto un produttore iconico come Roberto Conterno (Giacomo Conterno) ad investire a Gattinara, rilevando la storica azienda Nervi. Qualcosa continua a muoversi, dunque.


Prima di iniziare con il racconto della degustazione un grande ringraziamento a tutti i produttori, che si sono dimostrati entusiasti e molto disponibili (Tiziano Mazzoni, tra l’altro, ci ha spedito due forme di Maccagn di diverse stagionature, nell’intento di offrire una quadro ancora più completo del territorio), altro segnale della voglia e dell’entusiasmo che oggi si respira in queste terre. 
Le foto dei vigneti e delle cantine sono in parte di Luca, in parte ci sono state fornite direttamente dalle aziende o sono state prese dalle pagine Facebook aziendali. La foto iniziale è di Antonio Montano.


Sei vini divisi in due batterie da tre. Si parte.

BATTERIA N°1 

Si parte con i tre Ghemme. I primi due sono di Tiziano Mazzoni, la cui azienda è situata a Cavaglio d’Agogna, pochi km da Ghemme, ed è stata fondata nel 1999 da Tiziano e dalla moglie Rita, oggi affiancati dal figlio Gilles. 4,5 ettari di vigneti per una produzione media annua di circa 15.000 bottiglie. 

Ghemme dei Mazzoni 2013 – Tiziano Mazzoni 
2.500 bottiglie ottenute dalle vigne più giovani della tenuta dopo due anni di affinamento in botte grande. 
Probabilmente il vino più giovanile e contratto della serata. Il naso - che offre note di rosa, ciliegia e piccoli frutti rossi con cenni agrumati - anticipa una struttura compressa che deve trovare distensione nell’incastro tra acidità e tannini (ancora spigolosi) mostrando un carattere nervoso e di buona stoffa potenziale. 

Ghemme Ai Livelli 2011 – Tiziano Mazzoni 
Solo 1.500 bottiglie per la selezione di casa Mazzoni, proveniente dalle viti più mature (circa 35 anni) della sottozona Livelli e dopo macerazione di 40 giorni con affinamento in tonneaux e botte grande più due anni in bottiglia. 
Il naso apre su note di frutta matura, visciole, spezie dolci e sottobosco su sfondo di polvere di grafite. La bocca è ricca e avvolgente, appena scaldata dall’alcol e con tannini maturi più distesi rispetto al vino precedente. Potente e solido, ha muscoli non debordanti. L’alcol c’è e non si nasconde, ma senza che il tono generale salga sopra le righe grazie ad uno sviluppo dinamico con finale scattante e salino. 

Ghemme Collis Breclemae 2007 – Antichi Vigneti di Cantalupo 
La famiglia Arlunno ha origini viticole storiche, ma la Antichi Vigneti di Cantalupo viene fondata solo nel 1977 da Carlo Arlunno, mentre dal 1981 è gestita da Alberto Arlunno. L’azienda si sviluppa su 35 ettari di vigneti e produce 180.000 bottiglie; possiede parcelle tramandate per generazioni ed altre acquisite negli ultimi 45 anni in alcuni tra i migliori cru del Ghemme: Baraggiola, Rossini, Breclemae, Carellae, Ai Livelli, Roccolo Maiolo e Ronco San Pietro. 
7.000 bottiglie prodotte per il Collis Breclemae, etichetta nata nel 1979 e che prende il nome dal villaggio medievale di Breclema alle porte di Ghemme. Vendemmia nella seconda metà di ottobre ed affinamento in botte grande per 36 mesi. 
Colore rubino scarico con riflessi leggermente aranciati che anticipa un naso cangiante e complesso: dai frutti rossi ai frutti esotici, arancia rossa e spezie dolci per poi virare su toni di erbe aromatiche e terrosi con sviluppo balsamico. La bocca è ampia ed offre una silhouette sapida ravvivata da tannini vivi ed eleganti con finale succoso. Meno arrembante dei primi due vini mostra un’eleganza a tratti persino borgognona. 

BATTERIA N°2 

Seconda batteria che ci porta sulle montagne russe, perché si parte da un complesso e più caldo Lessona al mondo rarefatto e più “freddo” dei Boca, unici vini della serata prodotti con piccole % di uve extra-nebbiolo (vespolina e uva rara). 

Lessona Tanzo 2011 – Pietro Cassina 
Piccola azienda a gestione famigliare nata nel 2000 per volere di Pietro Cassina, che lasciata la carriera di architetto si immerge in questa avventura vitivinicola. Nel 2006 costruisce una nuova cantina costruita su tre livelli per sfruttare la gravità ed evitare l’uso di pompe. Le vigne si sviluppano su sei ettari dislocati attorno alla Cascina Chignalungo ed affondano le proprie radici su terreni sabbiosi di origine vulcanica. 
Il Tanzo è prodotto da vigne rivolte a Sud-Est/Sud-Ovest, a 290 metri sul livello del mare. Dopo un inizio della fermentazione spontanea, la macerazione sulle bucce si protrae per una decina di giorni a temperatura controllata. Il vino matura in botti ovali da 15 – 25 Hl (rovere austriaco e svizzero) per 36 mesi e ben quattro anni in bottiglia. 
Colore scarico, ma luminoso, dai riflessi aranciati; naso complesso dove un frutto maturo in sottofondo lascia spazio a toni di fiori appassiti, di rabarbaro ed eucalipto, liquirizia e spezie (pepe) per virare su piacevoli note di tabacco, legno di cedro e sottobosco. L’attacco al palato è suadente e largo, persino accogliente, e amplificato da un tannino setoso che via via lascia spazio alla sapidità e al finale vivo, profondo e di saporita mineralità. 

Boca 2013 – Barbaglia 
Sergio Barbaglia e la figlia Silvia portano avanti questa piccola realtà famigliare fondata nel 1946 che oggi è arrivata alla terza generazione, impegnata nella gestione di circa 4,5 ettari immersi nell’area del Boca e delle Colline Novaresi. Tanto rigoroso, riservato (ma anche sperimentatore) Sergio, quanto vulcanica ed espansiva Silvia; sembrano due facce della stessa medaglia in grado di compensarsi e sorreggersi a vicenda. Silvia rappresenta quella giovane generazione motivata e positiva che tanto sta facendo – anche in giro per il mondo – nel raccontare ed esportare l’immagine e le potenzialità del suo territorio. 
3.500 bottiglie prodotte per questo assemblaggio di nebbiolo (80%) e vespolina (20%). Vendemmia tra metà settembre ed inizio ottobre; il vino fermenta in acciaio con macerazione di due settimane e matura in botti di rovere per 24 mesi e in bottiglia per 12 mesi. 
Colore rubino scarico molto brillante, con i profumi che emergono discreti su note di piccoli frutti scuri – cassis – floreali e vegetali (erbe aromatiche, menta) con sfondo minerale. 
Fa il paio con il Ghemme 2013 della prima batteria: entrambi giovanili, così come il primo oggi mette in mostra tannini mordaci, questo è più giocato sull’acidità, decisa e serrata. In generale un palato essenziale e lineare, apparentemente semplice ma di austero stampo nordico chiuso da un finale salino. 

Nei primi anni ’60 del ‘900 Ermanno Conti coltiva un sogno da visionario, così nel 1963 con l’aiuto della moglie Mariuccia, inizia a costruirsi con sacrificio e grande volontà il proprio “castello” con annessa cantina per la produzione e l’affinamento del Boca. Boca da lungo invecchiamento, peraltro, in controtendenza con i prodotti ricercati all’epoca. 
Dal 2006 sono le tre figlie, Anna, Paola ed Elena, a prendere in mano le redini aziendali per continuare il lavoro iniziato dai genitori. L’approccio in vigna ed in cantina è del tutto naturale. I vigneti sorgono ad un’altitudine tra i 400 e 500 m slm e sono: Mottogrande (0,6 ha), Cappelle (0,2 ha), mentre nel 2017 è stata impiantata una nuova vigna, il Pettirosso (1,5 ha), terreno acquistato dai Conti negli anni ’80 perché zona storicamente considerata vocata per la vite. 
Il Boca 1985 è figlio di una grande annata del secolo scorso e, anche se non conosciamo i dettagli delle vinificazioni dell’epoca, quasi certamente la % di nebbiolo è leggermente inferiore a quella odierna e dovrebbe assestarsi intorno al 70% (il resto è in prevalenza vespolina).


Bel colore granato trasparente luminoso dai riflessi aranciati e molto integro. Il naso si svela in una fase di elegante evoluzione che lascia presagire ulteriori sviluppi; oggi alterna frutti rossi e arancia sanguinella, sottobosco e ferro, rabarbaro e tabacco lasciando spazio con l’ossigenazione a note marine di scoglio. 
Il palato è un capolavoro di finezza e incisività: pieno ed elegante al tempo stesso, non mostra i muscoli, ma si distende armonico e sciolto con un’acidità (matura ma vibrante) ed un tannino (fine e sottile) perfettamente integrati. La chiusura è profonda, complessa e appagante con un finale vivo e salato.

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