giovedì 28 marzo 2019

IL SANGIOVESE DI RADDA IN CHIANTI

Nuovo appuntamento con il viaggio nel mondo del vino che stiamo compiendo insieme a Slow Food Piacenza in varie sedi della provincia. Stavolta è toccato al Sangiovese di Radda in Chianti, raccontato e soprattutto degustato presso l’Azienda Vitivinicola Lusenti di Ziano P.no. 
Radda, dunque, uno dei tre comuni storici (gli altri sono Gaiole e Castellina) la cui superficie vitata, circa 700 ettari suddivisi tra poco più di trenta aziende, ricade interamente nella Denominazione Chianti Classico e tra questi quello con le maggiori altitudini medie: la Vigna Istine e la vigna del Baron’Ugo, assaggiate stasera, ad esempio si spingono rispettivamente fino a 550 e 570 metri slm. 
Certamente i quasi 600 metri delle vigne più alte di Radda ritardano le maturazioni, accentuano le escursioni termiche e spingono sulle acidità, ma sono bilanciati da una radiazione solare intensa e poco schermata; tanta luce, insomma, che si combina all’altitudine per creare un mix unico in grado di generare vini che coniugano polpa e freschezza in modo mirabile, con la finezza di tocco che quasi sempre predomina sui muscoli.



In qualche modo Radda è attuale, quindi. In un’epoca in cui chi può cerca di spostarsi in alto o sui versanti freschi per evitare surmaturazioni ed eccessi alcolici, il comune chiantigiano si trova in una posizione potenzialmente di vantaggio per affrontare il cambiamento climatico. 
Cinque vini divisi in due batterie, prima i Chianti Classico poi le Riserve ed i SuperTuscan. Si parte. 

PRIMA BATTERIA 

Chianti Classico Vigna Istine 2014 – Istine 
Angela Fronti recentemente ha vinto la settima edizione del prestigioso premio “Giulio Gambelli”, massimo esperto del Sangiovese scomparso nel 2012, riservato ai migliori enologi under 40 che più si avvicinano allo spirito di “bicchierino” Gambelli: rispetto della materia prima, capacità di esaltare il territorio, l’annata e la varietà. 
Non a caso in questa versione di Vigna Istine, Angela Fronti è riuscita a fotografare magistralmente un’annata complicata come il 2014. 
Dunque, apertura della serata con un vino aggraziato, lineare e scorrevole, di eleganza quasi beverina proveniente dalla Vigna Istine, 5 ettari piantati nel 2002 e situati tra 480 e 550 metri slm. Naso di delicata florealità completata da un frutto dai toni agrumati; palato slanciato e leggiadro chiuso da un finale fresco e saporito.


Chianti Classico 2015 – Val delle Corti 
Roberto Bianchi ha tradotto nel bicchiere l’andamento climatico di un’annata calda e ricca ben mitigata dalla feschezza del terroir raddese. Da vigne di circa 20 anni piantate in una porzione di territorio particolarmente fresca con esposizione est, il vino si presenta con un colore più carico e intenso del compagno di batteria e con un naso dal frutto più ricco e carnoso con rimandi ferrosi/minerali ed un legno che all’inizio copre leggermente il resto. Palato strutturato e quasi grosso, ampio e – per il contesto raddese - di importante (ma compatta) muscolatura tannica. Bel finale salino per un vino ancora compresso; un finto ”base” che troverà distensione nel tempo. 



SECONDA BATTERIA 

Baron’Ugo 2013 – Monteraponi 
Da una vigna piantata nel 1974, che fino al 2005 è stata utilizzata per rinfrescare le rotondità del Cru Campitello (collocato a “soli” 420 metri slm, in un microclima più caldo), Baron’Ugo nasce con l’annata 2006, quando Michele Braganti ha deciso di vinificare il cru separatamente. Prodotta non in tutte le annate (ad oggi sono saltate la 2008 e la 2014), nata come Chianti Classico Riserva e declassata per scelta aziendale dal 2012, è un’etichetta dalla storia recente (la vigna però, è bene ricordarlo, oggi ha 45 anni) ma che si è già conquistata un posto d’onore tra i vini più rappresentativi di Radda. 
Fermentazione spontanea in cemento con conseguente affinamento di circa tre anni in botte grande. 
Di finezza quasi borgognona, nel bicchiere si veste di un colore rubino con riflessi granata lievemente scarico e all’olfatto vive di chiaroscuri complessi: grafite e sassi si alternano ai toni fruttati della ciliegia e dei fiori secchi, liberando anche nuances di erbe aromatiche e spezie. La silhouette gustativa è snella, ma solida, profonda e molto persistente. Entra nel palato sottile, quasi in punta di piedi, per poi espandersi in tutta la sua vibrante energia. Un vino che non vive di effetti speciali, esprimendosi al contrario in un carattere di raffinata essenzialità. 


Chianti Classico Riserva il Campitello 2013 – Monteraponi 
Inevitabile, anzi appositamente cercato, il confronto con il vino precedente, di pari annata ma ottenuto da una vigna adiacente posta ad altitudine superiore in un microclima più fresco. Molto simile la vinificazione, che nel caso del Campitello prevede un affinamento in botti grandi di durata inferiore (25-26 mesi). 
Dalla vigna “bassa” ecco un bicchiere più caldo, materico ed evoluto (una delle tre bottiglie aperte persino troppo evoluta). Il naso, dopo opportuna ossigenazione, si sposta dalle note di frutto maturo (marasca) verso toni che dal rabarbaro si spingono fino al legno di cedro e al sottobosco. Palato che attacca rotondo per svilupparsi con importante struttura, più di peso che di eleganza, ma con finale innervato da un bel contrasto acido/sapido. 


Le Pergole Torte 2014 – Montevertine 
Nell’anno di nascita dei SuperTuscan (1968, con Sassicaia e Vigorello) Sergio Manetti piantava il vigneto de Le Pergole Torte, la cui prima annata ufficiale sarà il 1977. Il vino omonimo è stato il primo SuperTuscan da sangiovese 100% e da sempre è emblema dell’eleganza raddese. 
Oggi prodotto dalle vigne storiche 50enni ed in parte anche da vigne di venti anni, Le Pergole Torte va incontro a fermentazione con lieviti indigeni in cemento vetrificato e successivo affinamento di 12 mesi in barriques, più altri 12 mesi in botti grandi di rovere di Slavonia. 
In un’annata difficile, Martino Manetti (figlio del fondatore) rilascia un vino arioso che si presenta con un colore rubino scarico di bellissima luminosità. Il naso è centrato su scie olfattive floreali e fruttate (ribes rosso e rosa canina) e su speziature dolci nitide e cangianti. Palato fine e suadente, slanciato e lungo (più che largo), elegante e forse più esile del solito, ma pieno di energia sapida levigata da tannini ben risolti ed ulteriormente ravvivata da scie agrumate.