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giovedì 8 ottobre 2020

IN VERTICALE

Finalmente riprendono le nostre degustazioni in presenza. Protagonista Willi Schaefer con il suo Graacher Domprobst Kabinett degustato in sette annate (comprese tra la 2017 e la 2007) nella affascinante Villa Barattieri di Albarola (Vigolzone, Pc). Willi Schaefer giustamente gode ormai della fama di fuoriclasse imprescindibile per capire ciò che la Mittel Mosel può offrire: il concetto di intensità senza peso espresso in forma liquida. La combinazione di aerea leggerezza ed energia propulsiva che trovano la quadratura del cerchio.


Willi, in azienda dal 1971, dal 2002 è affiancato dal figlio Christoph che ormai da cinque anni gestisce ufficialmente tutte le operazioni insieme a sua moglie, Andrea. 
Sede aziendale a Graach, tra Bernkastel e Wehlen, con 4.2 ettari vitati totali nel cuore della Mosella da cui si ottengono circa 30-35.000 bottiglie annue; le parcelle principali, di due ettari ciascuna, si trovano nel Graacher Domprobst ("Grand Cru" su suoli argillosi ricchi di ardesia grigio-bluastra di cui Schaefer è ormai nome di riferimento) e nel Graacher Himmelreich (vigna molto ampia con alcune parcelle che si avvicinano alle potenzialità del Domprobst ed altre di livello inferiore) con presenza di vigne centenarie e a piede franco, ma gli Schaefer possiedono anche 2.000 metri quadrati nel Wehlener Sonnenuhr.


Fermentazioni con lieviti indigeni in vecchi fuder da 1.000 litri e affinamento sulle fecce fino alla primavera successiva alla vendemmia (gli imbottigliamenti in genere avvengono nel mese di maggio).
 


GRAACHER DOMPROBST KABINETT - Willi Schaefer

2017 
Partenza col botto, con un grande Kabinett di altissimo livello, molto giovane, contratto e parzialmente chiuso al naso, ma veramente di alto lignaggio. Sotto toni di lieve chiusura sulfurea emerge un lato agrumato di lime e mandarino, più toni di pesca gialla. Intenso e scalpitante al palato, quasi potente a dispetto della sua bassa % alcolica e della sua leggerezza, regala un’articolazione dinamica e ricca di sprint. Finale molto lungo con colpo di coda energico e affilato, incisivo e rinfrescante. Gran vino. Elettrizzante. 

2016 
Più aperto e quieto del precedente. Il naso esibisce già lievi cenni idrocarburici, ma si apre comunque a un profilo abbastanza complesso tra pera, pompelmo, fiori gialli e spezie. Sviluppo gustativo ben bilanciato con un lato delicatamente morbido e composto che però, a confronto con il vino che lo precede, appare quasi rilassato. Ampio, più che profondo.
Rassicurante. 

2015 
Si risale di tono grazie a una versione che combina la leggerezza del Kabinett con l’intensità e la complessità di una Spätlese. Apertura su scie floreali, di pesca bianca ed erbe aromatiche (anice, melissa), agrumi, cera d’api e zafferano. L’attacco gustativo è quasi grasso, ma trova subito una grande succosità e una freschezza notevole. Finale molto lungo che chiude su toni appena accennati di caramello.
Completo. 



2014 
Il lato idrocarburico è ben integrato con i toni di fiori bianchi, pompelmo e mandorla, più un tocco di croccante alle nocciole che emerge con l’ossigenazione. Bocca relativamente semplice ed esile, ariosa e vivida, anche se più corta dei vini precedenti.
Gustoso. 

2013 
Altro anno dispari, altra annata pimpante e luminosa. Pesca gialla, radice di liquirizia, ribes ed erbe aromatiche a dominare il quadro aromatico con un lieve fondo di zafferano. Palato di buona presenza, subito rinfrescato da toni agrumati. Finale lungo, reattivo e scattante che fa danzare il vino sulla lingua.
Elegante. 



2009 
Si salta qualche vendemmia e si scavalla il confine dei dieci anni. Altra grande bottiglia. L’approccio al naso è subito minerale e si divide tra sensazioni di polvere da sparo, gesso e pietra focaia, più tocchi di idrocarburi, pesca bianca, erbe secche balsamiche e spezie. Dinamico e scattante con un tocco di crema pasticcera che contrasta la viva acidità. Finale fresco molto succoso, intenso, speziato e preciso. Complesso. 

2007 
Con la bottiglia più datata si va indietro di tredici anni. Il naso, elegante e stratificato, si apre su toni di pera, limone, pesca gialla, cumino e canfora, con contorno balsamico e lievemente fumè. 
Il palato incede con bella vitalità gustativa, ma con andamento apparentemente compassato, per lo meno più morbido rispetto al 2009, animato da scie sapide vivaci e forse senza lo sprint del campione. Prossimo all’apice della sua parabola espressiva.
Composto.



sabato 18 aprile 2020

KASELER NIES'CHEN KABINETT 2017 (VINO D'ASTA) - VON BEULWITZ

Oggi vi parliamo di un’azienda poco nota con sede a Mertesdorf, il comune più vitato della Ruwer (sottozona della Mosella, Germania), nata nel 1867 e gestita dalla famiglia Weis dal 1982: Erben von Beulwitz.
Dunque, la Ruwer. Tra i due affluenti della Mosella (l’altro si chiama Saar e origina l’omonima vallata) è il più corto con soli 46 km di lunghezza e quello racchiuso nella vallata più stretta e meno soleggiata. Territorio segnato da un clima rigido che in passato poteva complicare il raggiungimento della maturazione adeguata delle uve. Eppure i vini pur avendo un'acidità sferzante simile a quelli della Saar, rispetto a quest'ultima zona spesso mostrano un'espressività di frutto più rotonda e intensa. 


Von Beulwitz lavora 7.5 ettari complessivi (90% riesling), per quasi 50.000 bottiglie prodotte in totale, compresi 2.5 ettari nel prestigioso Kaseler Nies’chen, “Grand Cru” esposto a sud-sud ovest su suoli di ardesia blu e marrone e pendenze che si spingono fino al 60%. Le vigne sono in parte centenarie. 
L’azienda fa parte della storica associazione Bernkasteler Ring, che ogni anno in settembre organizza un’asta con le selezioni più rare dei soci. Proprio dall’asta di settembre 2018 proviene questa etichetta prodotta in soli 300 esemplari.

Foto del Kaseler Nies'chen e del grappolo di riesling prese dal sito internet aziendale

Kaseler Nies'chen Riesling Kabinett Fass Nr. 11 2017 (vino d'asta) - Erben Von Beulwitz 
(NB: fass significa botte, fass Nr. 11 indica il numero di botte, che in questo caso è stata destinata a una selezione d’asta) 
Il naso è ampio e alterna la generosità della pesca bianca, degli agrumi maturi e dei frutti tropicali con la freschezza delle erbe aromatiche e della mela verde, spingendosi verso un tocco minerale gessoso, ma dà l’impressione di doversi ancora aprire del tutto. 
Il palato esibisce volumetrie da spätlese, più che da kabinett. Avvolgente con persino una punta di grassezza nell’attacco di bocca, incede sicuro con tonicità, in un piacevole contrasto continuo tra carattere dolce-cremoso da un lato e sapido-acido dall’altro. Il finale è teso e molto lungo, anche se i quasi 80 gr/l di zuccheri residui avranno bisogno di tempo per fondersi ancora meglio. 
Oggi è gradevole e seducente, ma tra almeno quattro-cinque anni inizierà a sviluppare le grandi potenzialità olfattive e gustative che ora si intravedono soltanto. Bottiglia più importante di quello che il prädikat lascia intendere.

venerdì 3 aprile 2020

DELLCHEN RIESLING 2016 - DÖNNHOFF

Dönnhoff è l’azienda più nota della Nahe, quella che ha trasformato la regione (posta un centinaio di km a est dalla Mosella Centrale, tra i fiumi Mosella e Reno) da Cenerentola in una tra le zone più intriganti e apprezzate della Germania viticola. Il principale artefice di ciò è stato Helmut Dönnhoff che, seppur ancora presente in azienda, da anni ha ufficialmente ceduto la gestione al figlio Cornelius. 
Nome viticolo storico, quello della famiglia Dönnhoff (compare infatti già nel 1761), anche se è stato il nonno di Helmut, Hermann, a puntare sul riesling e a imbottigliare per primo i Cru aziendali negli anni ’20 del ‘900.


Helmut è stato alla guida tecnica dal 1971 al 2007, cedendo poi le redini al figlio, in azienda comunque dal 1999. Oggi la realtà viticola consta di una trentina scarsa di ettari (80% riesling) con vigne di 15-65 anni da cui si ottengono vini dolci e trocken di altissimo livello qualitativo. 
I Riesling trocken di punta, da anni nel gotha dei grandi bianchi europei, al pieno delle proprie possibilità esibiscono aromaticità intense e talvolta esplosive ma sempre di profonda complessità, animate da strutture potenti, ma armoniche ed eleganti, percorse da un’impeccabile tensione sapido-acida. 

Immagini del Dellchen, credit: www.vdp.de

Il vino di oggi proviene dal Dellchen (comune di Norheim), piccolo "Grand Cru" di soli 3.2 ettari affacciato sul fiume Nahe tra Norheim e Niederhausen, esposto a sud con tratti molto ripidi (fino al 70% di pendenza) parzialmente terrazzati con muretti a secco e incastonato tra spuntoni di roccia che contribuiscono a creare un microclima unico. Collocato tra 140 e 200 metri slm, poggia su una base di ardesia grigia con importante presenza vulcanica (porfido) ed è stato a lungo negletto per le sue pendenze estreme che ne rendevano troppo complicata la gestione. Il nome deriva da alcune cavità nella roccia, dette “dellchen” in dialetto.


Dellchen Riesling 2016 - Dönnhoff
Frutto di una bella vendemmia in termini qualitativi, anche se di complicata gestione primaverile-estiva a causa dell'elevata pressione fito-sanitaria. Le ultimissime settimane prima della raccolta sono state perfette grazie al clima autunnale diurno mite, ma con buone escursioni termiche notturne. 
Fermentazione parte in acciaio, parte in botti grandi. Affinamento in botti grandi.
Il naso parte con buona espressività agrumata (pompelmo e lime) e di frutta tropicale (ananas), oltre a toni di pesca, rosa, erbe aromatiche quasi balsamiche e pepe bianco, ma mostra anche un importante cuore minerale di pietra focaia che permea l'intero spettro olfattivo insieme a un lieve fondo idrocarburico.
In bocca si rivela profondo e vigoroso, molto saporito e fresco. Teso, strutturato e succoso, ha un finale lungo e rinfrescante che lo rende addirittura quasi beverino.
Setoso e vibrante al tempo stesso, il palato ha un'articolazione di elegante austerità.
Un vino già godibilissimo, ma che probabilmente avrà bisogno ancora di almeno un anno per entrare nella "finestra" espressiva ideale.

martedì 17 marzo 2020

BERND PHILIPPI

Il progetto "viniconleali" è nato per raccontare e condividere fisicamente bottiglie. La prima cosa la possiamo ancora fare, la seconda no. Quindi da oggi io e Luca iniziamo a condividere virtualmente i nostri assaggi dai rispettivi isolamenti casalinghi (magari ci scapperanno un paio di assaggi fatti nei giorni appena precedenti), per tenerci allenati e continuare a viaggiare attraverso le bottiglie.
Con la prima bottiglia si vola nel Pfalz, in Germania.

Dietro l’apparentemente misterioso progetto denominato “Saumagen Riesling” si cela il mitico Bernd Philippi, colui che a lungo è stato proprietario del marchio Koehler-Ruprecht (sede a Kallstadt, nel Pfalz) e che, anche grazie alle doti del cru Saumagen, ha prodotto grandi auslese trocken con uno stile d’altri tempi. Qui un approfondimento.


Una volta venduta l’azienda nel 2009 non è stato con le mani in mano e, dopo aver collaborato fino al 2012 con Koehler-Ruprecht, è stato coinvolto come co-proprietario e consulente per aziende portoghesi e sudafricane, ma soprattutto ha acquistato un piccolo appezzamento di viti vecchie nella sua vigna preferita di Kallstadt, naturalmente il Saumagen. Qui dal 2013 produce una vera rarità: 700-800 bottiglie all’anno di un’unica etichetta, della quale sono uscite al momento solo tre annate: le prime due (2013 e 2014) come spätlese trocken, mentre l’ultima (2015) come auslese trocken. Di recente ha ampliato la proprietà vitata a 0.5 ettari e continua ad appoggiarsi a una cantina della zona per le vinificazioni. 

Sezione del Kallstadter Saumagen

Il vino di Philippi non ha una vera e propria distribuzione e viene venduto senza rispettare tempistiche canoniche (il 2014 e il 2015 per esempio sono stati rilasciati a breve distanza l’uno dall’altro nel 2019). Le bottiglie sono importate in Italia dal “benefattore” Francesco Agostini (per contatti: onewinelover@gmail.com). 


Kallstadter Saumagen spätlese trocken 2013 - Saumagen Riesling (Bernd Philippi) 
Fermentazione con lieviti indigeni e affinamento sulle fecce in botte grande. 
Il naso, complesso, esordisce su toni di pietra focaia e frutti giallo-arancioni (limone candito, melone), liberando poi note di pera, spezie (zenzero), burro d'arachidi e un carattere leggermente iodato. Il palato ha un lato grasso ma è percorso da una vena piccante; mostra volumi ampi e generosi contrastati dal lato sapido e da un’acidità matura. L’estrazione è importante, ma senza barocchismi, l’insieme è tonico e potente e conduce a un finale lungo, saldo e compatto dove emergono scie di pompelmo e di burro salato. 
Sta iniziando a entrare nella sua (lunga) fase di apice espressivo, quindi bevetelo adesso o dimenticatelo in cantina.

Nota: il post viene pubblicato in contemporanea qui e su www.rieslingarten.blogspot.it

giovedì 5 marzo 2020

OLD SCHOOL MOSEL

In attesa di riprendere le attività, segnaliamo un post del blog amico www.rieslingarten.blogspot.it dedicato a diverse declinazioni dell'Erdener Pralat di Christoffel-Berres, mitica azienda della Mosella che ha cessato nel 1997.
Qui il link. Buona lettura.

giovedì 16 maggio 2019

RIESLING: ITALIA-GERMANIA

Torniamo a parlare di Riesling (qui il racconto della precedente serata) grazie alla nuova degustazione  del ciclo realizzato con Slow Food Piacenza (ciclo quasi giunto al termine, in giugno l’ultimo appuntamento dedicato ai Fiano campani). 
Un confronto ridotto alle sole Italia e Germania: sei vini di altrettanti territori, tre contro tre. Anzi sette, compreso un intruso tedesco inizialmente non previsto. 
Ospiti a La Tosa di Vigolzone, patria della Malvasia di Candia aromatica, abbiamo sondato il lato “secco”, o trocken, della faccenda, pressoché d’obbligo quando si parla di Riesling Renano prodotti in Italia, ma tutt’altro che scontato quando si va in Germania, nazione della quale abbiamo provato - tra gli altri - due Grosses Gewaechs ed un Erstes Gewaechs, equivalenti ad ipotetici Grand Cru vinificati secchi.


Le prime citazioni scritte sul vitigno, a metà del ‘300, si trovano in Rheingau e sempre in questa regione (ad ovest di Francoforte) nella prima metà del ‘700 avviene la svolta per la valorizzazione del riesling in Germania, con la totale riconversione varietale di Schloss Johannisberg ed in contemporanea il decreto del Principe di Fulda che obbliga i proprietari viticoli del Rheingau a piantare riesling. Da qui in poi quasi tutte le attenzioni si concentrano su questa varietà. 
E in Italia? In quegli anni il riesling non è ancora pervenuto, bisognerà attendere circa 150 anni. 
Nel frattempo il vitigno in Germania assume sempre più importanza, arrivando a vivere – dalla seconda metà dell’800 – una vera e propria epoca d’oro in cui i vini di Rheingau e Mosella si collocano nel gotha dei vini europei. Più o meno in quegli stessi anni, finalmente, il riesling arriva anche in Italia (nel sud Tirolo, in realtà, all’epoca non ancora “Italia”) e per alcuni decenni si tenta di comprendere come gestire l’oggetto misterioso arrivato da nord. I risultati non sembrano dei più incoraggianti, visti i commenti degli enologi dell’epoca, che paragonano i Riesling sud tirolesi ai Marsala, più che ai vini renani. 
Poi arrivano in rapida successione la fillossera e le Guerre Mondiali. Dopo, la ripartenza sarà difficile per tutti e l’epoca d’oro del Riesling tedesco termina, arrivando a toccare il fondo (di qualità e immagine) negli anni ’70-’80 del secolo scorso in particolare proprio nella regione del Rheingau. Grazie ad alcune aziende private finalmente la situazione inizia a cambiare e, nel giro di quindici-venti anni, torna florida. Oggi, dall’inizio degli anni ’00 il Riesling teutonico sta vivendo una seconda epoca d’oro.


Anche in Italia - Alto Adige e Piemonte - all’inizio degli anni ’90 del '900 qualcosa di importante inizia a muoversi. In particolare si assiste ai primi, veri tentativi di piantare vigneti progettati per produrre Riesling di elevata qualità (per 100 anni in Alto Adige, il “nostro” vitigno è presente solo come varietà da taglio). Per un approfondimento sul tema vi rimandiamo qui
L’Italia dunque vive un netto ritardo nella valorizzazione del riesling, che però - pur non appartenendo del tutto alla tradizione del Bel Paese - continua ad affascinare i viticoltori per la grande sfida che esso rappresenta. 
Prima di raccontare i Riesling degustati, un doveroso, seppur fugace, cenno ad una bottiglia del padrone di casa Stefano Pizzamiglio, la Malvasia Sorriso di Cielo 2009, degustata in chiusura di serata, ennesima conferma di quanto questo vitigno solo con gli anni riesca ad esprimere davvero tutte le proprie potenzialità. Ne riparleremo.
Come sempre quando si parla di Riesling questo post viene pubblicato in contemporanea su questo blog e su www.rieslingarten.blogspot.it.
Buona lettura.


BATTERIA N.1: ITALIA

VAL VENOSTA UNTERORTL 2017 – CASTEL JUVAL
Una delle aziende italiane di riferimento quando si parla di Riesling (sono ben quattro le etichette rieslingose prodotte, tutte di alto livello), ma anche una delle prime in Alto Adige e in Val Venosta – all’inizio degli scorsi anni ’90 – a credere nelle potenzialità del vitigno. 
Il vino più giovane, ed anche il più contratto, tra i sette degustati, ma tra gli italiani è probabilmente quello con le maggiori potenzialità. Al naso è ampio: subito agrumato, si allarga verso note di mela verde, fiori di sambuco e pesca gialla, in un contesto lievemente balsamico con rimandi rocciosi. Ha palato strutturato ma elegante, diritto e cristallino, con una propulsione gustosa, salata e fresca.

TERRE LARIANE SOLESTA 2015 – LA COSTA
Dal territorio che non ti aspetti, Brianza lecchese, Val Curone, a due passi da Monza e Milano, un progetto affascinante e visionario voluto dalla famiglia Crippa, che oltre ad un buon Riesling realizza anche un Pinot Nero sorprendente. 
Da un’annata calda e ricca, un vino che si esprime in toni vanigliati combinati con sensazioni di idrocarburi, gesso, selce, agrumi maturi, miele millefiori ed erbe aromatiche. In bocca si sviluppa pieno e con buona articolazione, animato da una forza salina che allunga la persistenza e torna in un finale elegante e ben risolto.

VALLE ISARCO KAITON 2012 – KUENHOF
Altra azienda di culto del Riesling prodotto in Italia, pioniera nella zona di Bressanone e nella Valle Isarco tutta, apprezzata dagli appassionati per l’etichetta Kaiton, tra i più longevi esempi “nostrani” di Riesling. 
Idrocarburo evidente (il vino più idrocarburico della serata) completato da scie speziate (pepe bianco) e di frutta matura (ananas). Il palato attacca largo, ma è saldo e sapido. Comunque appagante, mostra un'incedere più compassato del solito; incide con buona progressione salina anche se senza il consueto, tonico allungo a cui il Kaiton ci ha abituato.


BATTERIA N. 2: GERMANIA

NIEDERHAUSER HERMANNSHÖHLE 2012 – DÖNNHOFF
L’azienda che ha trasformato la Nahe da una Cenerentola in una tra le zone più intriganti e apprezzate della Germania viticola. Dopo Donnhoff, nulla è stato più come prima, soprattutto a partire dalla fine degli anni ’90-inizio anni ’00. L’Hermannshohle è il più importante vigneto della regione, in grado di generare alcuni tra i più grandi bianchi europei.
Appena stappato sprigiona note di lychee quasi da gewurztraminer, ma l’ossigenazione fa emergere altre sfaccettature e nel complesso, rispetto ad un assaggio risalente a due anni fa, la dolcezza di frutto ha fatto un passo indietro per cedere spazio ad un più austero lato minerale, gessoso e sassoso, completato da una sfumatura quasi balsamica che sfiora la canfora e da rimandi agrumati e tropicali. Palato ricco e potente, ma anche articolato: molto saporito, ravvivato da una acidità viva e armonica, chiude con un finale lungo e profondo.

FORSTER UNGEHEUER 2010 – MOSBACHER
Da uno dei “Grand Cru” di Forst, nel Pfalz, paesino con una concentrazione impressionanti di grandi vigne. L’Ungeheuer è il sito in cui i coniugi Mosbacher esprimono probabilmente il meglio della loro produzione, contrassegnata da vini precisi e territoriali.
Bottiglia che vive di contrasti e di tratti quasi schizofrenici, nel senso che il naso sprigiona principalmente toni caldi (frutti giallo-arancioni maturi, dall’albicocca secca all’ananas) con una appena accennata sensazione idrocarburica sullo sfondo, ma in bocca – dopo un attacco pieno e avvolgente – libera un’acidità sferzante quasi violenta, rinforzata da sensazioni di lime, che deve ancora integrarsi al meglio. Nervoso e stimolante, rappresenta al meglio gli estremi della vendemmia 2010.

HOCHHEIMER KIRCHENSTÜCK 2005 – KÜNSTLER
Un classico del Rheingau, Kunstler, che nelle vigne situate accanto alla chiesa di Hochheim, in una zona relativamente calda, realizza vini di immediata espressività ma che possono durare (e migliorare) nel tempo.
Impatto olfattivo “caldo”, su toni di miele di castagno e persino accenni di dattero e fico secco, poi chinotto candito e lieve liquirizia, per virare infine su toni di pasticceria e pietra focaia. Bocca glicerinosa e potente, ma compatta e salina (più che acida) e con finale ben risolto. Bottiglia più rassicurante della precedente, anch'essa fedele traduzione del territorio e dell’annata.


VINO A SORPRESA...


RUDESHEIMER BERG ROSENECK KABINETT 1986 – BREUER
La famiglia Breuer è un pezzo di storia del Riesling trocken tedesco e Bernhard – papà di Theresa, attuale proprietaria - in particolare è stato tra i promotori di Charta, pionieristica associazione nata negli anni ’80 che ha dato il la alla rinascita dei Riesling “secchi” tedeschi.
Una bottiglia che compirà presto 33 anni. Bel colore, tanto per cominciare, appena dorato con riflessi vivi e luminosi. Naso giustamente evoluto, che dalle lievi sensazioni fungine avvertite nei primi secondi post stappatura, si sposta presto su sensazioni di agrumi maturi/canditi (bergamotto), poi croccantino, confettura di rabarbaro ed infine lievi note balsamiche. Il palato sfoggia grande equilibrio: esile e agile, oggi si muove con movenze leggiadre grazie ad una acidità e ad un ormai appena avvertibile residuo zuccherino perfettamente integrati nella struttura. Chiude salino e, ancora, con cenni agrumati. Complesso e di disarmante bevibilità. Solo i grandi ci riescono.

martedì 5 febbraio 2019

SONNENFEUER: IL RIESLING RENANO

Inizio febbraio scoppiettante all’insegna del Riesling Renano. Siamo tornati a Villa Barattieri (Albarola, Pc) per una carrellata emozionante dedicata ad uno dei grandi vitigni mondiali tradotto in dodici versioni provenienti da diversi territori europei.
Ottimo l'accompagnamento gastronomico preparato dalla famiglia Barattieri per i vini, tutti secchi, o trocken, ad esclusione dell’ultimo, che ha fatto storia a sé ed è stato servito a bottiglia scoperta a differenza dei primi undici, serviti alla cieca. 
Semplificando, per livello di maturità delle uve e di residuo zuccherino quasi tutti i vini equivalevano più o meno alla tipologia spätlese trocken, tranne una sorta di auslese trocken ed un kabinett trocken (quest’ultimo appartenente in senso letterale alla categoria).


Perché questi vini e queste tipologie? Perché questi Riesling in particolare vanno bevuti come fossero dei Barolo, vanno degustati con calma ed alcuni di loro danno il meglio scaldandosi nel bicchiere, come i migliori bianchi di Borgogna. Vini sempre cangianti e multiformi, talvolta imprevedibili e selvatici che rifuggono le definizioni di comodo, perché non esiste IL Riesling, esistono I Riesling, ciascuno con il proprio carico di luci, respiri, fiammate e chiaroscuri caratteriali.
"Sonnenfeuer, Sternengold, kuehlen Mondlichtschein", cioè "il fuoco del sole, l'oro delle stelle, il freddo del chiaro di luna", come sintetizzato tanto tempo fa da un oscuro poeta della Mosella.


Nota a margine: eccezionalmente il post verrà pubblicato in contemporanea qui e sul blog rieslinGarten, l'unico blog in lingua italiana dedicato al vitigno renano.
Un ringraziamento a Dr. Buerklin-Wolf e a Nicola Libelli - attuale kellermeister dell'azienda di Wachenheim - per la foto del grappolo di riesling.
Tre batterie da quattro. Si parte. 

Batteria N°1 

Loibenberg Smaragd 2017 – ALZINGER (Wachau, Austria) 
Nel tempo Alzinger ha imposto uno stile meno opulento rispetto a quello dei suoi vicini, grazie a vini più fini e gentili, raramente espliciti in gioventù.Vibranti e decisi, più che ricchi, decisi ma senza bisogno di alzare la voce. 
La maggior parte delle uve utilizzate per questa etichetta, affinata in grandi botti di legno, proviene da una parcella chiamata “Rauenheck” (cioè “luogo difficile”), dal microclima fresco. 
Vino dai tratti ancora compressi e giovanili, con toni agrumati e di mela verde balsamica, sviluppo gustativo sottile, fresco e lineare. Probabilmente il vino più semplice della serata per articolazione, una bottiglia gustosa e quasi “beverina” in questo contesto, in pieno stile Alzinger.


Alto Adige Val Venosta Untertortl 2016 – CASTEL JUVAL (Val Venosta, Italia) 
L’azienda è nota, oltre che per essere uno dei punti di riferimento del Riesling in Italia, anche per essere di proprietà dell’alpinista Reinhold Messner che, insieme a Gisela e Martin Aurich (che gestiscono l’azienda) l’ha fondata nel 1992. Le uve per l’etichetta denominata “Unterortl” crescono in una zona ventosa e soleggiata a 650 metri s.l.m., prevalentemente da una parcella di 0.5 ettari piantata nel 1992 e parzialmente dal Cru Windbichel. In cantina tutte le lavorazioni vengono svolte in acciaio inox con controllo della temperatura in fase fermentativa ed il vino affina sui lieviti fino all’imbottigliamento. 
Bottiglia che esprime al meglio la capacità di unire polpa ed eleganza tipica dei migliori vini della Val Venosta. Naso relativamente già aperto su toni nitidi di pesca gialla, pompelmo e sasso bagnato, con rimandi idrocarburici e tropicali. Palato di medio corpo, compatto e saporito, animato da una piacevole spina acido-sapida.


Hermannshohle 2016 – DÖNNHOFF (Nahe, Germania) 
L’azienda di punta della Nahe, piccola regione viticola portata alla notorietà internazionale proprio da Helmut Dönnhoff, che, seppur ancora presente in azienda, ha ormai ceduto la gestione al figlio Cornelius. 
Da sempre considerata tra le migliori vigne di tutta Germania, l’Hermannshohle (esteso in tutto per quasi nove ettari) si trova a Niederhäuser. La vigna poggia su un ripido pendio posto proprio in corrispondenza di una curva secca del fiume Nahe, che le dà una esposizione sud/sud ovest. L’impianto dei Dönnhoff - proprietari di 3.5 ettari nel Cru, oltre un terzo del totale - è degli anni '50 e si trova ad una altitudine di 130-175 metri slm con pendenza media del 50%; suolo di ardesia grigio-nera con tessitura a prevalenza argillosa e presenza di rocce ignee estrusive, porfido e calcare. 
Il vino, dopo fermentazione e affinamento in acciaio e grandi botti di legno (1.200 e 2.400 litri di capacità), si mostra arioso e di grande respiro, soprattutto al palato, oggi il lato migliore di questo giovane fuoriclasse. Il naso, pur non esprimendo ancora appieno la sua enorme potenzialità, regala toni di zagara e pesca, mentre la parte gustativa è tonica, potente e sfodera una dinamica complessa che chiude con una lunghissima sensazione quasi di burro salato.


Unendlich Smaragd 2017 – F.X. PICHLER (Wachau, Austria) 
Il produttore simbolo della Wachau, grazie a vini che combinano grande concentrazione, dinamismo ed eleganza. Con l'annata 1998 F.X. Pichler fa uscire la summa della propria filosofia vitivinicola: il Riesling Unendlich (“infinito” in tedesco). L’Unendlich – equivalente ad una auslese trocken - non proviene da un’unica vigna, ma dall’assemblaggio di diversi appezzamenti (di solito la scelta è tra Loibenberg, Steinertal, Kellerberg ed Hohereck) in % diverse a seconda dell’annata, talvolta scegliendo solo due o tre tra questi vigneti, selezionando di volta in volta i grappoli più maturi e concentrati. Il 2017 è stato prodotto solo dai Cru Loibenberg e Kellerberg. Vendemmia a metà novembre e vinificazioni parcellari. Dopo la fermentazione alcolica, le vasche sono state assemblate in botti grandi per un affinamento di sette-otto mesi a contatto con le fecce fini. 
Vino che rischierebbe l’opulenza e l’esagerazione in mano altrui, ma che nelle mani dei Pichler riesce a mantenere vigore e solidità. Colto a pochi mesi dall’imbottigliamento, subito si esprime con sbuffi tropicali (frutto della passione e maracuja) che dominano il quadro aromatico, poi lavanda, salvia e pesca: al naso quasi un incrocio tra un Riesling, un Moscato/Malvasia di Candia aromatica ed un Gewürztraminer. Il palato attacca grasso e denso, l’alcol si fa sentire, ma il finale è sostenuto da una notevole sapidità (più che acidità) che allunga il vino riverberandone le sensazioni aromatiche.



Batteria N°2 

Abstberg kabinett trocken 2008 – MAXIMIN GRUNHAUSER (Ruwer, Germania) 
Tra i Cru monopole che compongono questa storica azienda della Ruwer (valle laterale della Mosella), quello da sempre più importante è l’Abstberg (14 ettari). Vitata da circa un millennio, questa porzione di collina presenta un sottosuolo con ardesia grigio-blu del Devoniano, esposizione sud est-sud ovest e una pendenza che a tratti arriva a toccare il 70%. 
Il 2008 è stata vendemmia fresca e abbastanza tardiva con concentrazioni zuccherine senza eccessi ed acidità ottimali per le categorie kabinett e spatlese. L’Abstberg kabinett trocken 2008 ha fermentato con lieviti indigeni in fuder prodotti da foreste di proprietà, con successivo affinamento sulle fecce fino all’imbottigliamento. 
Un piccolo-grande classico, questa bottiglia, molto Ruwer e specchio fedele dell’annata. Il naso - entrato in fase terziaria – è ispido e complesso: alterna toni fungini e da polvere da sparo, di miele di castagno e confettura di rabarbaro e susine gialle, di camomilla ed idrocarburi, con un sottofondo gassoso-sulfureo. Il palato è ossuto e verticale in confronto agli altri. Attacca con discreta morbidezza, poi si articola affilato e sottile, giocando più sull’acidità che sulla sapidità e chiudendo con freschezza.


Alto Adige Valle Isarco Kaiton 2013 – KUENHOF (Valle Isarco, Italia) 
La prima azienda a valorizzare il Riesling in Valle Isarco, con il primo impianto di due ettari nel 1993 ed i primi imbottigliamenti nel 1996. Il Kaiton è uno dei Riesling italiani più longevi ed essenziali; le vigne si trovano principalmente sul colle Lahner, con tre diversi anni di impianto: 1993, 2003 e 2006. Le due parcelle del 1993 si trovano una a 500 metri dall’azienda con esposizione sud est, mentre l’altra è sulla riva opposta del fiume (esposizione sud ovest). La parte del 2003 è collocata a poche decine di metri dall’azienda, mentre la vigna più recente, del 2006, terrazzata, si trova ad altitudine più elevata – 700 metri – in una zona boscosa che storicamente non fa parte del maso. Suoli: sabbia argillosa e rocce scistose con substrato di ardesia. Vinificazione: fermentazione con lieviti indigeni 80% in acciaio e 20% in acacia, affinamento sui lieviti per 7 mesi. 
Il naso mostra i primi cenni evolutivi sottoforma di maggior apertura e note idrocarburiche e di croccante alle nocciole, completate da toni iodati e sulfurei, di selce, erbe aromatiche e scorze di arancia. Dai tratti austeri e quasi severi, il palato esprime potenza ben controllata da un'adeguata, vigorosa spinta salata.


Doctor 2013 – WWE. DR. THANISCH/ERBEN THANISCH (Mosella, Germania) 
Storica azienda fondata nel 1636 che ha legato i suoi destini al Doctor, di cui è la realtà di riferimento. Il Doctor è uno dei sei-sette vigneti mitici (e storicamente il più caro per valore fondiario) della Mosella. Uno dei pochi, veri Grand Cru rimasti. Esteso per soli 3.2 ettari dietro il campanile di Berncastel, a 150-200 metri slm, gode di una calda esposizione a sud-sud ovest con pendenze estreme (65%) su suoli ricchi di ardesia blu scuro (quasi nerastra, in certi punti) con buona presenza di argilla che conferisce potenza ai vini. Parte delle vigne sono centenarie e non innestate. 
Dr. Thanisch è uno dei pochissimi fortunati a possedere una o più parcelle nella vigna.
Il Doctor 2013 è stato prodotto in quantità limitatissime (650 bottiglie) e deriva da fermentazione spontanea in fuder (botti di legno da 1.000 litri) di circa 40 anni. Al naso – centrato su un carattere “dolce” a cui sembra mancare un tocco di complessità - emergono netti toni di miele d'acacia e fiori gialli, confettura di albicocca e marzapane. In bocca dà il meglio di sé e lascia presagire un luminoso futuro; essenziale e lungo, si sviluppa compatto fino a un finale in cui trovano spazio eleganti scie minerali.


Marcobrunn 2012 – SCHLOSS SCHÖNBORN (Rheingau, Germania) 
Il Castello di Schönborn, a pochi km da Geisenheim, è un pezzo di storia della regione e della Germania tutta: esiste dal 1349, anno in cui appaiono le prime testimonianze di acquisizioni di vigneti da parte dell’omonima famiglia. Nel corso dei secoli la proprietà si è ingrandita fino ai 50 ettari odierni quasi interamente piantati a riesling. 
Il Marcobrunn è tra i più importanti vigneti di tutto il Rheingau: sette ettari esposti a sud a bassa altitudine e a breve distanza dal Reno (tra 90 e 100 metri slm), su marne terziarie e loess argilloso con presenza di miche. A fine '800 i vini del Rheingau erano tra i più cari al mondo e nei ristoranti londinesi i Marcobrunn venivano venduti al doppio degli Champagne di Cliquot, a poco più di Lafite e al pari del solo Yquem, unico in grado di raggiungere gli stessi prezzi. 
Quasi un tocco di zafferano a circondare un frutto polposo che si spinge verso territori maturi/canditi; palato glicerinoso, accogliente e rassicurante, ma ravvivato da scie sapide. Piacevole anche se un po' carente in termini di tensione.


Batteria N° 3

Clos Sainte Hune 2009 – TRIMBACH (Alsazia, Francia) 
I vini dei Trimabch sono noti per il loro stile secco, elegante e diritto, “gastronomico”, sui Riesling così come sui Gewürztraminer e le etichette prodotte dagli altri vitigni. 
Il Clos St-Hune è un Clos Monopole di 1.67 ettari incastonato nel Grand Cru Rosacker, ad Hunawihr. Di proprietà della famiglia da oltre due secoli, è stato vinificato ed etichettato a parte per la prima volta nel 1919. 
L’esposizione è a sud/sud est con suoli argillo-calcarei pietrosi del Muschelkalk, una sequenza di strati di roccia sedimentaria risalenti a 240-230 milioni di anni fa, sostanzialmente calcare conchilifero e rocce dolomitiche ad alto contenuto di calcio. La vigna – 60 anni l’età media – è stata piantata con densità di 5.500 piante/ettaro ed è potata con il sistema del Guyot doppio. 
Fermentazione alcolica in acciaio inox a temperatura controllata e niente fermentazione malolattica. Tutto l’affinamento viene svolto in acciaio inox. Il vino viene imbottigliato l’anno successivo alla vendemmia, ma affina cinque-sei anni in bottiglia prima dell’immissione al consumo (attualmente è appena uscita l’annata 2013). 
Come spesso capita con il S.te-Hune, il naso non è esattamente la prima cosa che colpisce i sensi. Inizialmente lievi note di solvente, poi agrumi maturi e torroncino, gesso con l’ossigenazione che fa uscire le componenti minerali. Ciò che colpisce da subito, invece, è il palato: misurato ma implacabile, sfodera un'eleganza borgognona (anzi, no, da Clos Ste-Hune) chiusa da un finale interminabile e profondo.


Kirchenstück 2009 – Dr. Bürklin Wolf (Pfalz, Germania) 
Dr. Bürklin-Wolf possiede 84 ettari di vigneti – lavorati in Biodinamica certificata dal 2005 - sparsi tra quattro comuni del Mittel Haardt: Wachenheim, Forst, Deidesheim e Ruppertsberg, coltivati per l'80% a riesling, da cui si ottengono circa mezzo milione di bottiglie all'anno. 
Tra i "Grand Cru" a disposizione, il Kirchenstück di Forst è considerato il Montrachet del Pfalz. 3.67 ettari al top nella classificazione del 1828 e ai vertici della classifica dei valore fondiari in Germania. Qui Buerklin-Wolf possiede una preziosissima parcella di circa mezzo ettaro su suoli di argille sabbiose calcaree con inclusioni di basalto, da cui provengono circa 2.000 bottiglie ogni anno. La vigna, collocata dietro la chiesa di Forst, giace quasi in piano con esposizione a sud est. 
Fermentazione con lieviti indigeni a temperatura controllata e successivo affinamento in botti ovoidali (doppelstuck da 2.400 litri). Colore carico che anticipa aromi fumé e di idrocarburo, seguiti da note di arancio e limone candito. Intenso, il naso, ma non un campione di finezza. In apertura il palato si allarga potente, trova scie saline che lo sostengono, ma chiude senza lo sprint e l'incisività che ci si aspetterebbe. Il tappo non era in gran forma, il che ci fa pensare ad una evoluzione non del tutto corretta per questa bottiglia.


Rangen de Thann Clos St. Urbain Grand Cru 2011 – ZIND HUMBRECHT (Alsazia, Francia) 
Una delle aziende mitiche in Alsazia, nota a livello internazionale anche per essere stata tra le prime, alla fine degli anni ’90, a passare integralmente all’Agricoltura Biodinamica. 
Il Grand Cru Rangen (22 ettari in tutto tra i comuni di Thann e Vieux Thann) ha suoli di rocce vulcaniche con importante presenza di tufo, esposti a sud con pendenze estreme. Collocato all'inizio di una vallata fresca che ritarda le maturazioni, ha piovosità superiore alla media della zona, ma senza che ciò costituisca un problema perché il suolo è molto arido e le elevate pendenze impediscono l'insorgere di ristagni idrici. 
Il Rangen è il Grand Cru più meridionale di tutta la regione, quello che raggiunge le maggiori altitudini (450 metri) ed il più scosceso (oltre 55° di pendenza); origina vini potenti e concentrati, complessi e longevi. Ricchi, ma non pesanti. Qui l’azienda possiede, in monopole, 5.5 ettari del mitico Clos St. Urbain. L’annata 2011 è stata segnata da una grandinata che, ad inizio agosto, ha falcidiato parte dei ceppi 50enni, con conseguenti rese finali (totali e per pianta) molto basse.
Dopo un anno di fermentazione svolta con i lieviti indigeni il vino si offre con un naso ricco che esprime note di lime candito e pietra focaia e subito dopo di croccante alle nocciole. Con l’ossigenazione si apre ad un frutto quasi tropicaleggiante e a ritorni di cenere: aromi intensi, ma eleganti e complessi con sfumature al tempo stesso calde e minerali. La bocca colpisce per l'attacco grasso e ampio, si sviluppa molto viva e slanciata chiudendo con grande verve sapida. Dinamico e multiforme, è completo come solo i grandi vini sanno essere.


Wachenheimer Luginsland auslese 1988 – MARGARETENHOF (Pfalz, Germania) 
Il Margaretenhof è nato nel 1950, con i giovani Yvonne e Martin che dal 2011 rappresentano la nuova (quarta) generazione familiare impegnata in azienda. Il nome rappresenta un omaggio del fondatore, Gunther - nonno di Yvonne e Martin - alla moglie Margaretha. 
Diciassette ettari a disposizione, tra cui Cru molto importanti come Ungeheuer, Pechstein e Jesuitengarten, ed una clientela costruita in buona parte su una solida base di privati che apprezzano l'ottimo rapporto qualità/prezzo dei vini.
Luginsland è un cru secondario di quasi 30 ettari situato a Wachenheim, ai confini con Forst. Il suo nome deriva dal bel panorama visibile dai vigneti, sebbene in buona parte piani. Il suolo è a tessitura prevalentemente sabbiosa con presenza di ghiaia spessa ed appartiene al Bundsandstein (arenaria). 
Ottima annata in zona, l’88. Da aprile a fine settembre meteo perfetto, un po’ di pioggia in ottobre ma poi ancora bel tempo asciutto in novembre che ha creato un mix adatto alla produzione delle categorie dei vini botritizzati, da auslese in su. 
Bottiglia di oltre trent'anni che regala un naso con nette sensazioni di zafferano, erbe aromatiche essiccate e frutti gialli in confettura (susina su tutti). La bocca è viva e snella, di medio peso e residuo zuccherino contenuto; manca un po’ di lunghezza nel finale, ma si distende armoniosa con scioltezza ed eccellente tenuta.