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giovedì 8 ottobre 2020

IN VERTICALE

Finalmente riprendono le nostre degustazioni in presenza. Protagonista Willi Schaefer con il suo Graacher Domprobst Kabinett degustato in sette annate (comprese tra la 2017 e la 2007) nella affascinante Villa Barattieri di Albarola (Vigolzone, Pc). Willi Schaefer giustamente gode ormai della fama di fuoriclasse imprescindibile per capire ciò che la Mittel Mosel può offrire: il concetto di intensità senza peso espresso in forma liquida. La combinazione di aerea leggerezza ed energia propulsiva che trovano la quadratura del cerchio.


Willi, in azienda dal 1971, dal 2002 è affiancato dal figlio Christoph che ormai da cinque anni gestisce ufficialmente tutte le operazioni insieme a sua moglie, Andrea. 
Sede aziendale a Graach, tra Bernkastel e Wehlen, con 4.2 ettari vitati totali nel cuore della Mosella da cui si ottengono circa 30-35.000 bottiglie annue; le parcelle principali, di due ettari ciascuna, si trovano nel Graacher Domprobst ("Grand Cru" su suoli argillosi ricchi di ardesia grigio-bluastra di cui Schaefer è ormai nome di riferimento) e nel Graacher Himmelreich (vigna molto ampia con alcune parcelle che si avvicinano alle potenzialità del Domprobst ed altre di livello inferiore) con presenza di vigne centenarie e a piede franco, ma gli Schaefer possiedono anche 2.000 metri quadrati nel Wehlener Sonnenuhr.


Fermentazioni con lieviti indigeni in vecchi fuder da 1.000 litri e affinamento sulle fecce fino alla primavera successiva alla vendemmia (gli imbottigliamenti in genere avvengono nel mese di maggio).
 


GRAACHER DOMPROBST KABINETT - Willi Schaefer

2017 
Partenza col botto, con un grande Kabinett di altissimo livello, molto giovane, contratto e parzialmente chiuso al naso, ma veramente di alto lignaggio. Sotto toni di lieve chiusura sulfurea emerge un lato agrumato di lime e mandarino, più toni di pesca gialla. Intenso e scalpitante al palato, quasi potente a dispetto della sua bassa % alcolica e della sua leggerezza, regala un’articolazione dinamica e ricca di sprint. Finale molto lungo con colpo di coda energico e affilato, incisivo e rinfrescante. Gran vino. Elettrizzante. 

2016 
Più aperto e quieto del precedente. Il naso esibisce già lievi cenni idrocarburici, ma si apre comunque a un profilo abbastanza complesso tra pera, pompelmo, fiori gialli e spezie. Sviluppo gustativo ben bilanciato con un lato delicatamente morbido e composto che però, a confronto con il vino che lo precede, appare quasi rilassato. Ampio, più che profondo.
Rassicurante. 

2015 
Si risale di tono grazie a una versione che combina la leggerezza del Kabinett con l’intensità e la complessità di una Spätlese. Apertura su scie floreali, di pesca bianca ed erbe aromatiche (anice, melissa), agrumi, cera d’api e zafferano. L’attacco gustativo è quasi grasso, ma trova subito una grande succosità e una freschezza notevole. Finale molto lungo che chiude su toni appena accennati di caramello.
Completo. 



2014 
Il lato idrocarburico è ben integrato con i toni di fiori bianchi, pompelmo e mandorla, più un tocco di croccante alle nocciole che emerge con l’ossigenazione. Bocca relativamente semplice ed esile, ariosa e vivida, anche se più corta dei vini precedenti.
Gustoso. 

2013 
Altro anno dispari, altra annata pimpante e luminosa. Pesca gialla, radice di liquirizia, ribes ed erbe aromatiche a dominare il quadro aromatico con un lieve fondo di zafferano. Palato di buona presenza, subito rinfrescato da toni agrumati. Finale lungo, reattivo e scattante che fa danzare il vino sulla lingua.
Elegante. 



2009 
Si salta qualche vendemmia e si scavalla il confine dei dieci anni. Altra grande bottiglia. L’approccio al naso è subito minerale e si divide tra sensazioni di polvere da sparo, gesso e pietra focaia, più tocchi di idrocarburi, pesca bianca, erbe secche balsamiche e spezie. Dinamico e scattante con un tocco di crema pasticcera che contrasta la viva acidità. Finale fresco molto succoso, intenso, speziato e preciso. Complesso. 

2007 
Con la bottiglia più datata si va indietro di tredici anni. Il naso, elegante e stratificato, si apre su toni di pera, limone, pesca gialla, cumino e canfora, con contorno balsamico e lievemente fumè. 
Il palato incede con bella vitalità gustativa, ma con andamento apparentemente compassato, per lo meno più morbido rispetto al 2009, animato da scie sapide vivaci e forse senza lo sprint del campione. Prossimo all’apice della sua parabola espressiva.
Composto.



lunedì 2 dicembre 2019

IL ROSSESE DI DOLCEACQUA

Con la degustazione dello scorso 29 novembre presso Villa Barattieri si è chiuso l’anno per quanto riguarda le nostre degustazioni con Slow Food Piacenza. Un viaggio che ripartirà il prossimo 24 gennaio con una serata dedicata a Montalcino. 
Da quando io e Luca abbiamo iniziato a raccontare i “vini con le ali”, Rossese e, ancora meglio, Dolceacqua sono due parole emerse spesso nei nostri discorsi. Era dunque inevitabile che prima o poi finissimo per affrontare il tema attraverso una degustazione. Il Dolceacqua è uno dei vini con le ali per antonomasia, un vino con tratti che ricordano altri vitigni ed altri territori (Pinot Nero di Borgogna, Schiava dell’Alto Adige, per esempio), ma con un carattere assolutamente unico e inimitabile, frutto di una situazione pedo-climatica particolarissima.



La zona di produzione, infatti, si colloca nell’entroterra dell’ultimo lembo occidentale del Ponente ligure, stretta tra il mare a sud e le Alpi a nord, in due valli parallele (Val Verbone e Val Nervia) che contribuiscono a creare quelle qualità organolettiche a metà tra il calore mediterraneo e lo slancio nordico. 
Area viticola difficile e impervia, geograficamente limitata (meno di cento ettari in produzione), che nel corso degli ultimi decenni si è quasi estinta, ora per fortuna, grazie a un gruppo compatto di vignaioli consapevoli e tenaci, sta pian piano risorgendo. 
Di seguito il nostro report sulla serata. 
I sette vini sono stati divisi in due batterie. 


BATTERIA N° 1 
Inizio con una mini-verticale del Beragna di Ka Mancinè (le ultime due annate imbottigliate), in assoluto il cru dai caratteri più alpini. 

Beragna 2018 e 2017 - Ka’ Mancinè 
Kà Mancinè è una piccola realtà di soli tre ettari e 20.000 bottiglie totali gestita da Maurizio Anfosso, che dal 2006 vinifica in purezza le uve ricavate dai cru Beragna e Galeae, in comune di Soldano. Il Beragna di fatto è un monopole di Ka’ Manciné, poco più di un ettaro da esposizione fresca (nord est) in grado di generare vini tra i più fini e sottili dell’intero comprensorio. Gran parte del vigneto è centenario con vigne ad alberello che affondano le radici su terreni calcareo-marnosi a un’altitudine tra i 250 e i 330 metri s.l.m. Vinificazione e affinamento in acciaio inox con macerazioni di 7-8 giorni, senza raspi. 


Il 2018 - 12.000 bt. - amplifica l’annata fredda e sottolinea le caratteristiche nordiche del vigneto. Colore rubino scarico e trasparente, luminosissimo, naso aggraziato giocato su toni di piccoli frutti rossi selvatici (fragoline di bosco, ribes rosso) e note agrumate, poi ancora leggere scie speziate di coriandolo e pepe bianco. La bocca è affusolata ma tesa, lineare, agrumata e salata, con tannino finissimo che lo fa sembrare quasi un bianco travestito da rosso. 


La versione 2017 - 9.000 bt - nasce, al contrario, da un’annata calda e di conseguenza il vino vive di maggior peso e polpa. Il colore è un rubino dai toni leggermente più carichi, il naso vira su profumi intensi di frutti maturi, note marine, ematiche e un tocco di pepe bianco appena più pungente rispetto al 2018. La bocca, pur restando sul lato dell’eleganza, è leggermente più piena, ma senza perdere nulla in quanto a freschezza, finezza tannica e tensione salata. 

Luvaira 2016 - Tenuta Anfosso
Alessandro Anfosso e la moglie Marisa Perotti dal 2002 guidano l’azienda composta da sei ettari divisi tra tre splendide vigne (Poggio Pini, Luvaira e Fulavin) per un totale di 25.000 bottiglie. Prima di loro gli appezzamenti, in particolare Poggio Pini, erano lavorati da Luciano, padre di Alessandro, e ancor prima da Giacomo - il capostipite degli Anfosso - che alla fine dell’800 aveva impiantato le vigne, ancora oggi parzialmente esistenti, le cui uve confluiscono nell’omonima etichetta. 


Il Luvaira è sito nel comune di San Biagio della Cima e proviene dalla parte sommitale della collina con esposizione sud est-sud ovest su terreni scistosi argillo-calcarei. Tenuta Anfosso produce questa vigna in purezza dal 2008 con le uve della parte più vecchia, datata 1905; circa il 50% dei grappoli non viene diraspato, mentre la fermentazione in acciaio dura dai 12 ai 15 giorni a temperatura controllata (26-28 °C). L’affinamento in acciaio si protrae per un anno. 
Della versione 2016, che ha beneficiato di un clima caldo, ma non torrido, sono state prodotte solo 1332 bottiglie. 


Nel bicchiere la veste è di un rosso rubino luminoso di discreta intensità con lievi sfumature aranciate. Il naso è complesso, ampio e generoso: apre su note di frutti di bosco maturi (fragoline e ribes nero) e con l’ossigenazione si apre a toni di macchia mediterranea e spezie (pepe rosa) per spostarsi su richiami terrosi. La bocca è piena e succosa, sostenuta da un allungo vigorosamente salino con tannini eleganti e un finale saporito. 

BATTERIA N°2 
Quattro vini a partire dall’annata più anziana del lotto, un 2013 di rarefazioni quasi borgognone che avrebbe patito una posizione più avanzata nella sequenza. 

Bricco Arcagna 2013 e 2017 - Terrebianche
Terrebianche rappresenta un simbolo per il territorio di Dolceacqua, non solo per i vini, ma anche per la meticolosità e la precisione che Filippo Rondelli pone nel raccontare il territorio, che ha contribuito a rivitalizzare anche grazie al complesso lavoro condotto insieme ad Alessandro Giacobbe per riportare alla luce le “Nomeranze” (i cru, in pratica) storiche del Rossese, oltre che per dar vita nel 2009 all’associazione “Vigne Storiche”. 


L’Azienda nasce a fine ’800 grazie a Tommaso Rondelli, ma guadagna importanza e dimensioni tra il 1980 e il 1998 grazie al lavoro di Claudio Rondelli (padre di Filippo), Paolo Rondelli (lo zio) e Franco Laconi (socio dei due prima e di Filippo oggi). Nel 1998 Claudio Rondelli scompare prematuramente e Filippo, ventenne studente universitario, si trova catapultato in azienda. 
Le due annate degustate hanno avuto andamenti climatici molto diversi: complicata, fresca e tardiva la 2013, molto calda la 2017. Il Bricco Arcagna è la parte sommitale della collina (circa 450 metri s.l.m.) e poggia su suoli di arenaria. La vinificazione avviene in acciaio, poi il vino passa in botti da 225 e 500 litri dove svolge la fermentazione malolattica e l’affinamento fino all’agosto successivo alla vendemmia, per andare in bottiglia dove sosta fino a marzo del secondo anno post vendemmia. 


Bricco Arcagna 2013 esordisce con una veste granata dai lievi riflessi aranciati. Il naso apre subito con grande finezza evolutiva: lieve caramello, legno di cedro, marasca, macchia mediterranea e spezie si fondono con una viva componente balsamica, agrumata (arancia rossa) e terrosa. Il palato è elegante e saporito, con tannini levigati che portano a un finale profondo e appagante. Vino setoso tutto giocato sul registro dell’eleganza che ci sembra appena entrato nella fase di apice espressivo, colto dunque in un momento ottimale di assaggio. 


Bricco Arcagna 2017 è stato prodotto in soli 3.000 esemplari ed oggi appare ancora un po’ compresso per troppa gioventù, ma ci sembra anche nascondere grandi potenzialità. Bel colore rubino scarico molto luminoso, cui segue un naso dagli eleganti toni boisè, floreali, di frutti rossi e spezie, poi ancora agrumati con un tocco ematico-ferroso. La bocca ha volume e succosità, scalpita e chiude profonda e minerale, animata da tanto vigore sapido. 

Posaù Biamonti 2017 - Maccario Dringenberg
Giovanna Maccario e il marito Goetz Dringenberg sono a capo di una cantina storica nata a fine ‘800 a San Biagio della Cima, in Val Verbone. L’azienda è gestita da Giovanna dal 1991, anno della scomparsa del padre Mario. Oggi Giovanna lavora 4.5 ettari per una produzione di circa 25.000 bottiglie annue disponendo di vecchi ceppi in cru dall’indiscusso valore: Posaù, Luvaira, Curli e Brae. 
Dal Posaù Giovanna Maccaria produce due vini: il Posaù dalle vigne più giovani nella parte medio-bassa del vigneto e il Posaù Biamonti dalle vigne centenarie (meno di mezzo ettaro) posizionate sulla parte sommitale della collina (350 metri s.l.m.) su terreni ricchi di scheletro, costituiti in prevalenza da roccia calcarea, arenacea con numerosi affioramenti di cristalli e calciti. L’esposizione sud est e la vicinanza al mare rendono questo cru uno dei più caldi dell’intero comprensorio. Il nome Biamonti unito al nome del vigneto è un omaggio – nato con l’annata 2014 - a Francesco Biamonti, scrittore e poeta di San Biagio della Cima. 
La vinificazione avviene in acciaio a temperatura controllata intorno ai 27°C, due settimane di macerazione sulle bucce, malolattica e affinamento sempre in acciaio. Nel 2017 sono state prodotte circa 1.700 bottiglie. Il colore è rubino intenso con sfumature granata; il naso apre su note di frutti scuri, agrumi e spezie. La bocca è potente e ricca, ma anche vibrante e propulsiva, con tannini compatti che regalano un finale sicuro. 

Testalonga 2016 - Nino e Erica Perrino 
Quando parliamo di questa minuscola realtà (2.5 ettari per 6.000 bottiglie prodotte), parliamo della memoria storica di Dolceacqua, incarnata in particolare da Nino Perrino, che ha iniziato il suo percorso nel 1961 affiancando i genitori. Dopo la morte di Mandino Cane, sul quale Mario Soldati aveva impostato la visita a Dolceacqua per il suo imprescindibile Vino al Vino, Perrino, affiancato dalla nipote Erica a partire dal 2015, oggi è il principale testimone vivente dell’epoca eroica per il Rossese di Dolceacqua, quella che ha anticipato l’attuale fase di rinascita. 
Erica ha aderito al modello dello zio e oggi entrambi rappresentano il legame con la tradizione, lo spirito genuino di una viticoltura d’altri tempi. La cantina è tuttora nascosta tra i carrugi di Dolceacqua, dove zio e nipote producono letteralmente vins de garage. Nel piccolo locale trovano spazio solo otto botti, cinque per il Dolceacqua e tre per il Vermentino. 


I Perrino vinificano il Rossese da due Nomeranze storiche: Arcagna e Casiglian. Fino al 2007 veniva utilizzata anche la vigna Pozzuolo, abbandonata per le difficoltà di accesso alla vigna. 
La pigiatura qui si fa con i piedi e con l’uso dei raspi. Le macerazioni durano 15-20 giorni e il vino affina in botti usate da 500 litri per un anno. 
Il Testalonga 2016, prodotto in circa 4.000 esemplari, esordisce con un colore granata dai riflessi rubino, leggermente meno luminoso dei vini precedenti. Il naso è ricco di frutto (amarena in particolare) unito a toni più austeri di rabarbaro e a sfumature fumé. Con l’ossigenazione escono note terrose e una piacevole speziatura pepata. La bocca è piena, densa, ma dinamica, il tannino si fa sentire senza disturbare e conduce a un finale molto saporito.



martedì 5 febbraio 2019

SONNENFEUER: IL RIESLING RENANO

Inizio febbraio scoppiettante all’insegna del Riesling Renano. Siamo tornati a Villa Barattieri (Albarola, Pc) per una carrellata emozionante dedicata ad uno dei grandi vitigni mondiali tradotto in dodici versioni provenienti da diversi territori europei.
Ottimo l'accompagnamento gastronomico preparato dalla famiglia Barattieri per i vini, tutti secchi, o trocken, ad esclusione dell’ultimo, che ha fatto storia a sé ed è stato servito a bottiglia scoperta a differenza dei primi undici, serviti alla cieca. 
Semplificando, per livello di maturità delle uve e di residuo zuccherino quasi tutti i vini equivalevano più o meno alla tipologia spätlese trocken, tranne una sorta di auslese trocken ed un kabinett trocken (quest’ultimo appartenente in senso letterale alla categoria).


Perché questi vini e queste tipologie? Perché questi Riesling in particolare vanno bevuti come fossero dei Barolo, vanno degustati con calma ed alcuni di loro danno il meglio scaldandosi nel bicchiere, come i migliori bianchi di Borgogna. Vini sempre cangianti e multiformi, talvolta imprevedibili e selvatici che rifuggono le definizioni di comodo, perché non esiste IL Riesling, esistono I Riesling, ciascuno con il proprio carico di luci, respiri, fiammate e chiaroscuri caratteriali.
"Sonnenfeuer, Sternengold, kuehlen Mondlichtschein", cioè "il fuoco del sole, l'oro delle stelle, il freddo del chiaro di luna", come sintetizzato tanto tempo fa da un oscuro poeta della Mosella.


Nota a margine: eccezionalmente il post verrà pubblicato in contemporanea qui e sul blog rieslinGarten, l'unico blog in lingua italiana dedicato al vitigno renano.
Un ringraziamento a Dr. Buerklin-Wolf e a Nicola Libelli - attuale kellermeister dell'azienda di Wachenheim - per la foto del grappolo di riesling.
Tre batterie da quattro. Si parte. 

Batteria N°1 

Loibenberg Smaragd 2017 – ALZINGER (Wachau, Austria) 
Nel tempo Alzinger ha imposto uno stile meno opulento rispetto a quello dei suoi vicini, grazie a vini più fini e gentili, raramente espliciti in gioventù.Vibranti e decisi, più che ricchi, decisi ma senza bisogno di alzare la voce. 
La maggior parte delle uve utilizzate per questa etichetta, affinata in grandi botti di legno, proviene da una parcella chiamata “Rauenheck” (cioè “luogo difficile”), dal microclima fresco. 
Vino dai tratti ancora compressi e giovanili, con toni agrumati e di mela verde balsamica, sviluppo gustativo sottile, fresco e lineare. Probabilmente il vino più semplice della serata per articolazione, una bottiglia gustosa e quasi “beverina” in questo contesto, in pieno stile Alzinger.


Alto Adige Val Venosta Untertortl 2016 – CASTEL JUVAL (Val Venosta, Italia) 
L’azienda è nota, oltre che per essere uno dei punti di riferimento del Riesling in Italia, anche per essere di proprietà dell’alpinista Reinhold Messner che, insieme a Gisela e Martin Aurich (che gestiscono l’azienda) l’ha fondata nel 1992. Le uve per l’etichetta denominata “Unterortl” crescono in una zona ventosa e soleggiata a 650 metri s.l.m., prevalentemente da una parcella di 0.5 ettari piantata nel 1992 e parzialmente dal Cru Windbichel. In cantina tutte le lavorazioni vengono svolte in acciaio inox con controllo della temperatura in fase fermentativa ed il vino affina sui lieviti fino all’imbottigliamento. 
Bottiglia che esprime al meglio la capacità di unire polpa ed eleganza tipica dei migliori vini della Val Venosta. Naso relativamente già aperto su toni nitidi di pesca gialla, pompelmo e sasso bagnato, con rimandi idrocarburici e tropicali. Palato di medio corpo, compatto e saporito, animato da una piacevole spina acido-sapida.


Hermannshohle 2016 – DÖNNHOFF (Nahe, Germania) 
L’azienda di punta della Nahe, piccola regione viticola portata alla notorietà internazionale proprio da Helmut Dönnhoff, che, seppur ancora presente in azienda, ha ormai ceduto la gestione al figlio Cornelius. 
Da sempre considerata tra le migliori vigne di tutta Germania, l’Hermannshohle (esteso in tutto per quasi nove ettari) si trova a Niederhäuser. La vigna poggia su un ripido pendio posto proprio in corrispondenza di una curva secca del fiume Nahe, che le dà una esposizione sud/sud ovest. L’impianto dei Dönnhoff - proprietari di 3.5 ettari nel Cru, oltre un terzo del totale - è degli anni '50 e si trova ad una altitudine di 130-175 metri slm con pendenza media del 50%; suolo di ardesia grigio-nera con tessitura a prevalenza argillosa e presenza di rocce ignee estrusive, porfido e calcare. 
Il vino, dopo fermentazione e affinamento in acciaio e grandi botti di legno (1.200 e 2.400 litri di capacità), si mostra arioso e di grande respiro, soprattutto al palato, oggi il lato migliore di questo giovane fuoriclasse. Il naso, pur non esprimendo ancora appieno la sua enorme potenzialità, regala toni di zagara e pesca, mentre la parte gustativa è tonica, potente e sfodera una dinamica complessa che chiude con una lunghissima sensazione quasi di burro salato.


Unendlich Smaragd 2017 – F.X. PICHLER (Wachau, Austria) 
Il produttore simbolo della Wachau, grazie a vini che combinano grande concentrazione, dinamismo ed eleganza. Con l'annata 1998 F.X. Pichler fa uscire la summa della propria filosofia vitivinicola: il Riesling Unendlich (“infinito” in tedesco). L’Unendlich – equivalente ad una auslese trocken - non proviene da un’unica vigna, ma dall’assemblaggio di diversi appezzamenti (di solito la scelta è tra Loibenberg, Steinertal, Kellerberg ed Hohereck) in % diverse a seconda dell’annata, talvolta scegliendo solo due o tre tra questi vigneti, selezionando di volta in volta i grappoli più maturi e concentrati. Il 2017 è stato prodotto solo dai Cru Loibenberg e Kellerberg. Vendemmia a metà novembre e vinificazioni parcellari. Dopo la fermentazione alcolica, le vasche sono state assemblate in botti grandi per un affinamento di sette-otto mesi a contatto con le fecce fini. 
Vino che rischierebbe l’opulenza e l’esagerazione in mano altrui, ma che nelle mani dei Pichler riesce a mantenere vigore e solidità. Colto a pochi mesi dall’imbottigliamento, subito si esprime con sbuffi tropicali (frutto della passione e maracuja) che dominano il quadro aromatico, poi lavanda, salvia e pesca: al naso quasi un incrocio tra un Riesling, un Moscato/Malvasia di Candia aromatica ed un Gewürztraminer. Il palato attacca grasso e denso, l’alcol si fa sentire, ma il finale è sostenuto da una notevole sapidità (più che acidità) che allunga il vino riverberandone le sensazioni aromatiche.



Batteria N°2 

Abstberg kabinett trocken 2008 – MAXIMIN GRUNHAUSER (Ruwer, Germania) 
Tra i Cru monopole che compongono questa storica azienda della Ruwer (valle laterale della Mosella), quello da sempre più importante è l’Abstberg (14 ettari). Vitata da circa un millennio, questa porzione di collina presenta un sottosuolo con ardesia grigio-blu del Devoniano, esposizione sud est-sud ovest e una pendenza che a tratti arriva a toccare il 70%. 
Il 2008 è stata vendemmia fresca e abbastanza tardiva con concentrazioni zuccherine senza eccessi ed acidità ottimali per le categorie kabinett e spatlese. L’Abstberg kabinett trocken 2008 ha fermentato con lieviti indigeni in fuder prodotti da foreste di proprietà, con successivo affinamento sulle fecce fino all’imbottigliamento. 
Un piccolo-grande classico, questa bottiglia, molto Ruwer e specchio fedele dell’annata. Il naso - entrato in fase terziaria – è ispido e complesso: alterna toni fungini e da polvere da sparo, di miele di castagno e confettura di rabarbaro e susine gialle, di camomilla ed idrocarburi, con un sottofondo gassoso-sulfureo. Il palato è ossuto e verticale in confronto agli altri. Attacca con discreta morbidezza, poi si articola affilato e sottile, giocando più sull’acidità che sulla sapidità e chiudendo con freschezza.


Alto Adige Valle Isarco Kaiton 2013 – KUENHOF (Valle Isarco, Italia) 
La prima azienda a valorizzare il Riesling in Valle Isarco, con il primo impianto di due ettari nel 1993 ed i primi imbottigliamenti nel 1996. Il Kaiton è uno dei Riesling italiani più longevi ed essenziali; le vigne si trovano principalmente sul colle Lahner, con tre diversi anni di impianto: 1993, 2003 e 2006. Le due parcelle del 1993 si trovano una a 500 metri dall’azienda con esposizione sud est, mentre l’altra è sulla riva opposta del fiume (esposizione sud ovest). La parte del 2003 è collocata a poche decine di metri dall’azienda, mentre la vigna più recente, del 2006, terrazzata, si trova ad altitudine più elevata – 700 metri – in una zona boscosa che storicamente non fa parte del maso. Suoli: sabbia argillosa e rocce scistose con substrato di ardesia. Vinificazione: fermentazione con lieviti indigeni 80% in acciaio e 20% in acacia, affinamento sui lieviti per 7 mesi. 
Il naso mostra i primi cenni evolutivi sottoforma di maggior apertura e note idrocarburiche e di croccante alle nocciole, completate da toni iodati e sulfurei, di selce, erbe aromatiche e scorze di arancia. Dai tratti austeri e quasi severi, il palato esprime potenza ben controllata da un'adeguata, vigorosa spinta salata.


Doctor 2013 – WWE. DR. THANISCH/ERBEN THANISCH (Mosella, Germania) 
Storica azienda fondata nel 1636 che ha legato i suoi destini al Doctor, di cui è la realtà di riferimento. Il Doctor è uno dei sei-sette vigneti mitici (e storicamente il più caro per valore fondiario) della Mosella. Uno dei pochi, veri Grand Cru rimasti. Esteso per soli 3.2 ettari dietro il campanile di Berncastel, a 150-200 metri slm, gode di una calda esposizione a sud-sud ovest con pendenze estreme (65%) su suoli ricchi di ardesia blu scuro (quasi nerastra, in certi punti) con buona presenza di argilla che conferisce potenza ai vini. Parte delle vigne sono centenarie e non innestate. 
Dr. Thanisch è uno dei pochissimi fortunati a possedere una o più parcelle nella vigna.
Il Doctor 2013 è stato prodotto in quantità limitatissime (650 bottiglie) e deriva da fermentazione spontanea in fuder (botti di legno da 1.000 litri) di circa 40 anni. Al naso – centrato su un carattere “dolce” a cui sembra mancare un tocco di complessità - emergono netti toni di miele d'acacia e fiori gialli, confettura di albicocca e marzapane. In bocca dà il meglio di sé e lascia presagire un luminoso futuro; essenziale e lungo, si sviluppa compatto fino a un finale in cui trovano spazio eleganti scie minerali.


Marcobrunn 2012 – SCHLOSS SCHÖNBORN (Rheingau, Germania) 
Il Castello di Schönborn, a pochi km da Geisenheim, è un pezzo di storia della regione e della Germania tutta: esiste dal 1349, anno in cui appaiono le prime testimonianze di acquisizioni di vigneti da parte dell’omonima famiglia. Nel corso dei secoli la proprietà si è ingrandita fino ai 50 ettari odierni quasi interamente piantati a riesling. 
Il Marcobrunn è tra i più importanti vigneti di tutto il Rheingau: sette ettari esposti a sud a bassa altitudine e a breve distanza dal Reno (tra 90 e 100 metri slm), su marne terziarie e loess argilloso con presenza di miche. A fine '800 i vini del Rheingau erano tra i più cari al mondo e nei ristoranti londinesi i Marcobrunn venivano venduti al doppio degli Champagne di Cliquot, a poco più di Lafite e al pari del solo Yquem, unico in grado di raggiungere gli stessi prezzi. 
Quasi un tocco di zafferano a circondare un frutto polposo che si spinge verso territori maturi/canditi; palato glicerinoso, accogliente e rassicurante, ma ravvivato da scie sapide. Piacevole anche se un po' carente in termini di tensione.


Batteria N° 3

Clos Sainte Hune 2009 – TRIMBACH (Alsazia, Francia) 
I vini dei Trimabch sono noti per il loro stile secco, elegante e diritto, “gastronomico”, sui Riesling così come sui Gewürztraminer e le etichette prodotte dagli altri vitigni. 
Il Clos St-Hune è un Clos Monopole di 1.67 ettari incastonato nel Grand Cru Rosacker, ad Hunawihr. Di proprietà della famiglia da oltre due secoli, è stato vinificato ed etichettato a parte per la prima volta nel 1919. 
L’esposizione è a sud/sud est con suoli argillo-calcarei pietrosi del Muschelkalk, una sequenza di strati di roccia sedimentaria risalenti a 240-230 milioni di anni fa, sostanzialmente calcare conchilifero e rocce dolomitiche ad alto contenuto di calcio. La vigna – 60 anni l’età media – è stata piantata con densità di 5.500 piante/ettaro ed è potata con il sistema del Guyot doppio. 
Fermentazione alcolica in acciaio inox a temperatura controllata e niente fermentazione malolattica. Tutto l’affinamento viene svolto in acciaio inox. Il vino viene imbottigliato l’anno successivo alla vendemmia, ma affina cinque-sei anni in bottiglia prima dell’immissione al consumo (attualmente è appena uscita l’annata 2013). 
Come spesso capita con il S.te-Hune, il naso non è esattamente la prima cosa che colpisce i sensi. Inizialmente lievi note di solvente, poi agrumi maturi e torroncino, gesso con l’ossigenazione che fa uscire le componenti minerali. Ciò che colpisce da subito, invece, è il palato: misurato ma implacabile, sfodera un'eleganza borgognona (anzi, no, da Clos Ste-Hune) chiusa da un finale interminabile e profondo.


Kirchenstück 2009 – Dr. Bürklin Wolf (Pfalz, Germania) 
Dr. Bürklin-Wolf possiede 84 ettari di vigneti – lavorati in Biodinamica certificata dal 2005 - sparsi tra quattro comuni del Mittel Haardt: Wachenheim, Forst, Deidesheim e Ruppertsberg, coltivati per l'80% a riesling, da cui si ottengono circa mezzo milione di bottiglie all'anno. 
Tra i "Grand Cru" a disposizione, il Kirchenstück di Forst è considerato il Montrachet del Pfalz. 3.67 ettari al top nella classificazione del 1828 e ai vertici della classifica dei valore fondiari in Germania. Qui Buerklin-Wolf possiede una preziosissima parcella di circa mezzo ettaro su suoli di argille sabbiose calcaree con inclusioni di basalto, da cui provengono circa 2.000 bottiglie ogni anno. La vigna, collocata dietro la chiesa di Forst, giace quasi in piano con esposizione a sud est. 
Fermentazione con lieviti indigeni a temperatura controllata e successivo affinamento in botti ovoidali (doppelstuck da 2.400 litri). Colore carico che anticipa aromi fumé e di idrocarburo, seguiti da note di arancio e limone candito. Intenso, il naso, ma non un campione di finezza. In apertura il palato si allarga potente, trova scie saline che lo sostengono, ma chiude senza lo sprint e l'incisività che ci si aspetterebbe. Il tappo non era in gran forma, il che ci fa pensare ad una evoluzione non del tutto corretta per questa bottiglia.


Rangen de Thann Clos St. Urbain Grand Cru 2011 – ZIND HUMBRECHT (Alsazia, Francia) 
Una delle aziende mitiche in Alsazia, nota a livello internazionale anche per essere stata tra le prime, alla fine degli anni ’90, a passare integralmente all’Agricoltura Biodinamica. 
Il Grand Cru Rangen (22 ettari in tutto tra i comuni di Thann e Vieux Thann) ha suoli di rocce vulcaniche con importante presenza di tufo, esposti a sud con pendenze estreme. Collocato all'inizio di una vallata fresca che ritarda le maturazioni, ha piovosità superiore alla media della zona, ma senza che ciò costituisca un problema perché il suolo è molto arido e le elevate pendenze impediscono l'insorgere di ristagni idrici. 
Il Rangen è il Grand Cru più meridionale di tutta la regione, quello che raggiunge le maggiori altitudini (450 metri) ed il più scosceso (oltre 55° di pendenza); origina vini potenti e concentrati, complessi e longevi. Ricchi, ma non pesanti. Qui l’azienda possiede, in monopole, 5.5 ettari del mitico Clos St. Urbain. L’annata 2011 è stata segnata da una grandinata che, ad inizio agosto, ha falcidiato parte dei ceppi 50enni, con conseguenti rese finali (totali e per pianta) molto basse.
Dopo un anno di fermentazione svolta con i lieviti indigeni il vino si offre con un naso ricco che esprime note di lime candito e pietra focaia e subito dopo di croccante alle nocciole. Con l’ossigenazione si apre ad un frutto quasi tropicaleggiante e a ritorni di cenere: aromi intensi, ma eleganti e complessi con sfumature al tempo stesso calde e minerali. La bocca colpisce per l'attacco grasso e ampio, si sviluppa molto viva e slanciata chiudendo con grande verve sapida. Dinamico e multiforme, è completo come solo i grandi vini sanno essere.


Wachenheimer Luginsland auslese 1988 – MARGARETENHOF (Pfalz, Germania) 
Il Margaretenhof è nato nel 1950, con i giovani Yvonne e Martin che dal 2011 rappresentano la nuova (quarta) generazione familiare impegnata in azienda. Il nome rappresenta un omaggio del fondatore, Gunther - nonno di Yvonne e Martin - alla moglie Margaretha. 
Diciassette ettari a disposizione, tra cui Cru molto importanti come Ungeheuer, Pechstein e Jesuitengarten, ed una clientela costruita in buona parte su una solida base di privati che apprezzano l'ottimo rapporto qualità/prezzo dei vini.
Luginsland è un cru secondario di quasi 30 ettari situato a Wachenheim, ai confini con Forst. Il suo nome deriva dal bel panorama visibile dai vigneti, sebbene in buona parte piani. Il suolo è a tessitura prevalentemente sabbiosa con presenza di ghiaia spessa ed appartiene al Bundsandstein (arenaria). 
Ottima annata in zona, l’88. Da aprile a fine settembre meteo perfetto, un po’ di pioggia in ottobre ma poi ancora bel tempo asciutto in novembre che ha creato un mix adatto alla produzione delle categorie dei vini botritizzati, da auslese in su. 
Bottiglia di oltre trent'anni che regala un naso con nette sensazioni di zafferano, erbe aromatiche essiccate e frutti gialli in confettura (susina su tutti). La bocca è viva e snella, di medio peso e residuo zuccherino contenuto; manca un po’ di lunghezza nel finale, ma si distende armoniosa con scioltezza ed eccellente tenuta.