domenica 18 novembre 2018

BAROLO

Venerdì 9 novembre è stato il giorno della Barolata presso la Trattoria S. Giovanni (Pc) gestita dall'amico Roberto Zanetti, cuoco estroso (ma anche i suoi piatti della tradizione locale sono imperdibili, uno su tutti i pisarei e fasò basotti) e grande appassionato di vini “naturali”.
Barolata, quindi, dove abbiamo scelto di non proporre approfondimenti su annate, comuni o Cru, ma semplicemente di degustare alcune bottiglie che eravamo curiosi di stappare, molte delle quali bottiglie “del cuore” che rappresentano, ciascuna con il proprio inconfondibile timbro, la nostra idea di Barolo con le ali. 10 bottiglie alla cieca divise in 3 batterie: 9 Barolo più un intruso a base nebbiolo, di annate comprese tra la 2009 e la 1997.



Via con la prima batteria.
Barolo Monvigliero 2009 – G.B. Burlotto
Nella seconda metà dell'800 Giovan Battista Burlotto si è affermato come una delle personalità di riferimento di tutto il panorama produttivo del Barolo, di cui è stato uno dei padri fondatori. Oggi Fabio Alessandria gestisce due ettari nel “Grand Cru” per eccellenza di Verduno: il Monvigliero, uno dei simboli del classicismo barolesco. Prodotto per la prima volta nel 1982, è ottenuto da tre diverse parti del vigneto (l'impianto più vecchio è dei primi anni '50) e deriva da pigiatura con i piedi dei grappoli interi; la fermentazione e macerazione a cappello sommerso durano quasi due mesi e sono seguite da un affinamento di 30 mesi in botti da 35 hl e di due anni in bottiglia.
Nel bicchiere ci mette un po' ad aprirsi, esordisce con toni smaltati, poi sprigiona note di erbe officinali secche, finocchietto, terra bagnata e sottobosco, pepe, pasta di olive e una sfumatura che dalla salamoia vira verso note salmastre; una sequenza di dettagli ofattivi in continua mutazione. La bocca è piena, saporita e scorrevole – arricchita da tannini rigorosi e ben maturi -  e chiude con notevole profondità.



Valtellina Superiore Grumello Buon Consiglio 2007 – Ar.Pe.Pe.
Ovvero l'intruso: un grande nebbiolo valtellinese della sottozona Grumello, al confine tra Sondrio e Montagna. Il vigneto si estende verso Sondrio sopra al quartiere Cà Bianca, dove i terrazzamenti hanno muri a secco alti fino a sette metri, ad una altitudine che si spinge a 450 m slm. Dopo 43 giorni di macerazione in tini di legno da 50 hl, il vino – uscito nel marzo 2015, otto anni dopo la vendemmia - si presenta con un colore più scarico rispetto ai compagni di batteria, ma molto luminoso, e con un frutto subito in evidenza (confettura di fragoline di bosco, ciliegia), accompagnato da note floreali e speziate. Più immediato del precedente, l'evoluzione nel calice è comunque importante e, col passar dei minuti, regala toni agrumati, mentolati, di liquirizia e goudron. Il palato è teso e sottile, quasi ossuto, nel contesto della serata, ma in realtà semplicemente essenziale: sapido, tonico, fresco. Nervoso e di notevole sprint, con finale rinfrescante, evoca scenari borgognoni.
 
Da www.arpepe.com; mappa di Alessandro Masnaghetti-ENOGEA

Barolo Bricco delle Viole 2007 – G.D. Vajra
Uno dei punti di riferimento del Barolo di Barolo, che ha ormai allargato i propri orizzonti con l'acquisto dell'azienda di Luigi Baudana in quel di Serralunga. Senza dimenticare che la famiglia Vajra vanta il primato relativo alla valorizzazione del riesling renano in zona, da tempi non sospetti.
Il Bricco delle Viole è situato nella parte alta di Barolo, area di terre bianche che spesso esprimono interpretazioni aggraziate ed eleganti. Qui Vajra dispone di vigne piantate in diverse epoche, principalmente tra la fine degli anni '40 e la metà degli anni '80.
Da un'annata calda nasce questo vino dal colore concentrato, cui segue un naso floreale (fiori secchi) con lievi tocchi balsamici e di incenso. Il palato è generoso ed esprime tannini pieni e compatti, maturi; il corpo è saldo, succoso ed equilibrato nonostante la potenza e i muscoli. Nel complesso, ricchezza di toni, ma anche bilanciamento ed equilibrio. Potenza senza pesantezza.



Poi la seconda batteria, quella dei Barolo viscerali.
Barolo Cannubi S.Lorenzo-Ravera 2005 – Giuseppe Rinaldi
Ci tenevamo ad inserire una bottiglia di “Citrico” anche per ricordarlo dopo la sua recente scomparsa. Oggi in azienda è Marta, in particolare, a proseguire lungo la strada tracciata dal padre, incentrata sul concetto di tradizione, che prevede il solo uso di lieviti indigeni, lunghi affinamenti in botti grandi ed assemblaggio di più vigneti (due in questo caso, uno da Barolo ed uno da Novello, come due sono pure quelli dell'altro Barolo aziendale, il Brunate-le Coste).
Colore molto vivo, addirittura giovanile per un vino di 13 anni. Ma tutto il profilo generale di questo Barolo è giovane: compatto e scattante, è un concentrato di frutto (in confettura) speziato a tratti selvaggio, ingentilito da toni di rosa. Il palato attacca succoso e si sviluppa scalpitando con vigore, ben contrastato. Teso nel finale, chiude risoluto senza essere sgarbato. Necessita ancora di tempo per entrare nella sua fase di apice espressivo.



Barolo Paiagallo 2006 – Giovanni Canonica
Outsider di culto con sede nel centro di Barolo – dove gestisce l'Agriturismo Il Quarto Stato – Giovanni Canonica produce pochissime bottiglie all'anno ed il Paiagallo, vigna collocata nel cuore dei vigneti del comune (tra il Muscatel ed il San Sebastiano), è il suo cavallo di battaglia. Qui Canonica possiede circa 1,5 ettari e, con metodi tradizionali che prevedono fermentazioni senza lieviti selezionati, macerazioni di almeno un mese e l'uso di botti da 20 hl, nel 2006 ha realizzato una grande versione di Barolo.
Emozionante carattere d'antan per una bottiglia giocata soprattutto su austeri toni di erbe secche e sottobosco, completati da sfumature di frutti maturi/balsamici. Il palato è sontuoso: ampio, lungo e nervoso, dotato di grande complessità retro-olfattiva in cui si confermano i toni di erbe (anice che sfocia  nella liquirizia) ed articolazione gustativa, grazie ad una trama tannica fitta, densa ma vellutata e dinamica, molto persistente.



Barolo Otin Fiorin Piè Franco-Michet 2005 – Teobaldo Cappellano
Un altro pezzo di storia del Barolo, ma anche del vino italiano moderno, la famiglia Cappellano. Dopo la morte di Teobaldo – anarchico, sognatore ed anticonformista – è il figlio Augusto a portare avanti questa piccola realtà di Serralunga continuando a lavorare nel solco del minimo interventismo in cantina. Uno dei rari vini italiani e – da quel che sappiamo - l'unico a Barolo, a provenire da piante a piede franco, prodotto da Teobaldo Cappellano nella vigna Gabutti a partire dagli anni '80 in quella che, nelle sue stesse parole, si può considerare una “evoluzione all'indietro”, dettata dal voler in qualche modo restituire il Barolo a sé stesso e ad un'idea di purezza.
Nel bicchiere si presenta con il colore più scarico in questa batteria, di luminosi toni quasi aranciati. Il naso, reticente in apertura, esprime sfumature erbose vagamente simili al precedente, ma con un approccio di evoluzione più avanzata e terziaria leggermente tamarindoso. Tanta liquirizia, poi caffè, cuoio e legni dolci. Il meglio lo dà in bocca: tagliente e severa, ha una progressione acido-tannica vibrante e serrata, chiusa da un finale salino molto persistente.



Con la terza e ultima batteria si va più indetro nel tempo, con due bottiglie che superano il traguardo dei 20 anni di vita.
Barolo Bricco Boschis Vigna S. Giuseppe Riserva 2004 – Cavallotto
Una delle aziende-simbolo di Castiglione Falletto, quella della famiglia Cavallotto, che dall'immediato secondo dopoguerra vinifica le uve di proprietà. In vigna si segue la filosofia dell'Agricoltura Biologica, mentre in cantina le lunghe macerazioni precedono invecchiamenti prolungati in botti grandi. La Vigna S. Giuseppe – monopolio dei Cavallotto - è la parte centrale, il cuore, del Bricco Boschis: 2,45 ettari per 12.070 viti piantate nel 1961.
Ancora in uno stadio giovanile del proprio sviluppo, si esprime soprattutto su note di frutto speziato quasi “dolce” completato da scie balsamiche e netti rimandi ai chiodi di garofano; l'ingresso in bocca è setoso, lo sviluppo pieno e la dinamica gustativa compatta, precisa e sapida. Il finale regala un'adeguata spinta tannica, che tratteggia infine una bottiglia di elegante classicismo.



Barolo Vigna Cappella di S. Stefano 2001 – Rocche dei Manzoni
La creatura dell'ex ristoratore di Caorso (Pc) Valentino Migliorini, fondata nel 1974 a Monforte, in località Manzoni, da sempre cerca di coniugare una precisa filosofia aziendale (che, ad esempio, predilige l'uso di barriques, nuove e non, per tutte le etichette aziendali, Metodo Classico compresi) e l'imprinting del territorio. Ormai è Rodolfo Migliorini, figlio di Valentino, a gestire l'azienda (in Biodinamica certificata dal 2017) ed a cercare nuove possibilità espressive e di racconto dei terroir di Monforte, anche attraverso innovazioni tecniche come le “uova” di cemento.
Prodotto per la prima volta nel 1993, il Vigna Cappella di S. Stefano proviene da parte dei 6 ettari del Cru di S. Stefano di Perno. L'annata 2001 mostra subito una netta impronta balsamica e di marasca che accompagna il bicchiere per tutto l'arco della degustazione, emergendo anche nel retrogusto. I tannini mordaci sono ancora piuttosto vivi ed innervano un corpo strutturato e sapido, gustoso. Forse leggermente monocorde, più che altro sul versante aromatico, ma ancora con tanta vita davanti.



Barolo Rocche dell'Annunziata 1997 – F.lli Revello
Dopo il trasferimento da Cherasco a La Morra, la famiglia Revello inizia un lungo processo che la porterà ad imbottigliare il primo Barolo nel 1967 e via via a valorizzare le varie sottozone, in parte acquistate nel corso degli anni. L'esordio delle Rocche dell'Annunziata (da una parcella di vecchie vigne estesa per soli 0,3 ettari) risale al 1996, quattro anni dopo l'inizio della collaborazione amichevole con Elio Altare. A parte i severi diradamenti in vigna, l’approccio alla vinificazione è “modernista”, con una macerazione di circa una settimana in rotofermentatori (a temperatura controllata e costante di 28-30 gradi), ma utilizzando lieviti indigeni e senza chiarifiche o filtrazioni. Lo stile aziendale, pur modificatosi negli anni a favore di estrazioni minori ed un uso più ragionato del legno, cerca comunque di produrre Barolo che si prestino a lunghi affinamenti in bottiglia, ma che al tempo stesso siano pronti nell'immediato.
La Morra e Le Rocche ci regalano una interpretazione di Barolo giocata su un frutto balsamico più largo ed accogliente, fino a sfiorare la caramella mu e che, con l'ossigenazione, ricorda la grafite. Attacco di bocca morbido e suadente che trova qualche graffio tannico nel finale, pur mancando la spinta finale del fuoriclasse.



Barolo Gran Bussia 1998 – Aldo Conterno
Fondata nel 1969, ma con una lunga storia viticola famigliare alle spalle, la realtà viticola - con sede in località Bussia – vede attualmente alla guida i tre figli di Aldo Conterno: Franco, Stefano e Giacomo. Il Gran Bussia nasce nei migliori vigneti della Bussia, a Monforte d'Alba, da nebbiolo delle sottovarietà Michet e Lampia. Dopo macerazione di 30 giorni sulle bucce in acciaio inox ed affinato per oltre 30 mesi in botti di rovere, evolve poi in bottiglia per altri sei anni prima di essere messo in commercio, per un totale di circa 9 anni di affinamento complessivo. È la sintesi di tre  vigne storiche della Bussia, confinanti e di pari livello qualitativo: Romirasco, Cicala e  Colonnello (che l'azienda vinifica anche separatamente in specifiche etichette) ed è prodotto assemblando le uve delle viti più vecchie prima della fermentazione e nelle seguenti rispettive percentuali: 70% - 15% - 15%. Storicamente viene prodotto solo nelle annate migliori.
Nel bicchiere subito sbuffi esuberanti di volatile, poi sentori ematici, balsamici e di cuoio insieme a note di prugna matura e di confettura di frutti di bosco. Bocca piena e complessa, arricchita da nobili tannini serrati, anche se nel finale la volatile torna a mordere. C'è profondità e ancora spinta strutturale: una bottiglia grande a metà.


Prossimamente: il Gutturnio Riserva di Gaetano Solenghi ed il Pinot Nero di Mazzon.