Barolata, quindi, dove abbiamo
scelto di non proporre approfondimenti su annate, comuni o Cru, ma
semplicemente di degustare alcune bottiglie che eravamo curiosi di stappare,
molte delle quali bottiglie “del cuore” che rappresentano, ciascuna con il
proprio inconfondibile timbro, la nostra idea di Barolo con le ali. 10
bottiglie alla cieca divise in 3 batterie: 9 Barolo più un intruso a base
nebbiolo, di annate comprese tra la 2009 e la 1997.
Via con la prima batteria.
Barolo Monvigliero 2009 –
G.B. Burlotto
Nella seconda metà dell'800 Giovan
Battista Burlotto si è affermato come una delle personalità di riferimento di
tutto il panorama produttivo del Barolo, di cui è stato uno dei padri
fondatori. Oggi Fabio Alessandria gestisce due ettari nel “Grand Cru” per
eccellenza di Verduno: il Monvigliero, uno dei simboli del classicismo
barolesco. Prodotto per la prima volta nel 1982, è ottenuto da tre diverse
parti del vigneto (l'impianto più vecchio è dei primi anni '50) e deriva da
pigiatura con i piedi dei grappoli interi; la fermentazione e macerazione a
cappello sommerso durano quasi due mesi e sono seguite da un affinamento di 30
mesi in botti da 35 hl e di due anni in bottiglia.
Nel bicchiere ci mette un po' ad
aprirsi, esordisce con toni smaltati, poi sprigiona note di erbe officinali
secche, finocchietto, terra bagnata e sottobosco, pepe, pasta di olive e una
sfumatura che dalla salamoia vira verso note salmastre; una sequenza di
dettagli ofattivi in continua mutazione. La bocca è piena, saporita e
scorrevole – arricchita da tannini rigorosi e ben maturi - e chiude con notevole profondità.
Valtellina Superiore Grumello
Buon Consiglio 2007 – Ar.Pe.Pe.
Ovvero l'intruso: un grande
nebbiolo valtellinese della sottozona Grumello, al confine
tra Sondrio e Montagna. Il vigneto si
estende verso Sondrio sopra al quartiere Cà Bianca, dove i terrazzamenti hanno
muri a secco alti fino a sette metri, ad una altitudine che si spinge a 450 m
slm. Dopo 43 giorni di macerazione in tini di legno da 50 hl, il vino – uscito
nel marzo 2015, otto anni dopo la vendemmia - si presenta con un colore più
scarico rispetto ai compagni di batteria, ma molto luminoso, e con un frutto
subito in evidenza (confettura di fragoline di bosco, ciliegia), accompagnato
da note floreali e speziate. Più immediato del precedente, l'evoluzione nel
calice è comunque importante e, col passar dei minuti, regala toni agrumati, mentolati,
di liquirizia e goudron. Il palato è teso e sottile, quasi ossuto, nel
contesto della serata, ma in realtà semplicemente essenziale: sapido, tonico,
fresco. Nervoso e di notevole sprint, con finale rinfrescante, evoca scenari
borgognoni.
Barolo Bricco delle Viole 2007
– G.D. Vajra
Uno dei punti di riferimento del
Barolo di Barolo, che ha ormai allargato i propri orizzonti con l'acquisto
dell'azienda di Luigi Baudana in quel di Serralunga. Senza dimenticare che la
famiglia Vajra vanta il primato relativo alla valorizzazione del riesling
renano in zona, da tempi non sospetti.
Il Bricco delle Viole è situato
nella parte alta di Barolo, area di terre bianche che spesso esprimono
interpretazioni aggraziate ed eleganti. Qui Vajra dispone di vigne piantate in
diverse epoche, principalmente tra la fine degli anni '40 e la metà degli anni
'80.
Da un'annata calda nasce questo
vino dal colore concentrato, cui segue un naso floreale (fiori secchi) con
lievi tocchi balsamici e di incenso. Il palato è generoso ed esprime tannini
pieni e compatti, maturi; il corpo è saldo, succoso ed equilibrato nonostante la
potenza e i muscoli. Nel complesso, ricchezza di toni, ma anche bilanciamento
ed equilibrio. Potenza senza pesantezza.
Poi la seconda batteria, quella
dei Barolo viscerali.
Barolo Cannubi
S.Lorenzo-Ravera 2005 – Giuseppe Rinaldi
Ci tenevamo ad inserire una
bottiglia di “Citrico” anche per ricordarlo dopo la sua recente scomparsa. Oggi
in azienda è Marta, in particolare, a proseguire lungo la strada tracciata dal
padre, incentrata sul concetto di tradizione, che prevede il solo uso di
lieviti indigeni, lunghi affinamenti in botti grandi ed assemblaggio di più
vigneti (due in questo caso, uno da Barolo ed uno da Novello, come due sono
pure quelli dell'altro Barolo aziendale, il Brunate-le Coste).
Colore molto vivo, addirittura
giovanile per un vino di 13 anni. Ma tutto il profilo generale di questo Barolo
è giovane: compatto e scattante, è un concentrato di frutto (in
confettura) speziato a tratti selvaggio, ingentilito da toni di rosa. Il palato
attacca succoso e si sviluppa scalpitando con vigore, ben contrastato. Teso nel
finale, chiude risoluto senza essere sgarbato. Necessita ancora di tempo per
entrare nella sua fase di apice espressivo.
Barolo Paiagallo 2006 –
Giovanni Canonica
Outsider di culto con sede
nel centro di Barolo – dove gestisce l'Agriturismo Il Quarto Stato – Giovanni
Canonica produce pochissime bottiglie all'anno ed il Paiagallo, vigna collocata
nel cuore dei vigneti del comune (tra il Muscatel ed il San Sebastiano), è il
suo cavallo di battaglia. Qui Canonica possiede circa 1,5 ettari e, con metodi
tradizionali che prevedono fermentazioni senza lieviti selezionati, macerazioni
di almeno un mese e l'uso di botti da 20 hl, nel 2006 ha realizzato una grande
versione di Barolo.
Emozionante carattere d'antan per una bottiglia giocata soprattutto su austeri toni di erbe secche e
sottobosco, completati da sfumature di frutti maturi/balsamici. Il palato è
sontuoso: ampio, lungo e nervoso, dotato di grande complessità retro-olfattiva
in cui si confermano i toni di erbe (anice che sfocia nella liquirizia) ed articolazione gustativa,
grazie ad una trama tannica fitta, densa ma vellutata e dinamica, molto
persistente.
Barolo Otin Fiorin Piè Franco-Michet
2005 – Teobaldo Cappellano
Un altro pezzo di storia del
Barolo, ma anche del vino italiano moderno, la famiglia Cappellano. Dopo la
morte di Teobaldo – anarchico, sognatore ed anticonformista – è il figlio
Augusto a portare avanti questa piccola realtà di Serralunga continuando a
lavorare nel solco del minimo interventismo in cantina. Uno dei rari vini
italiani e – da quel che sappiamo - l'unico a Barolo, a provenire da piante a
piede franco, prodotto da Teobaldo Cappellano nella vigna Gabutti a partire dagli anni '80
in quella che, nelle sue stesse parole, si può considerare una “evoluzione
all'indietro”, dettata dal voler in qualche modo restituire il Barolo a sé
stesso e ad un'idea di purezza.
Nel bicchiere si presenta con il
colore più scarico in questa batteria, di luminosi toni quasi aranciati. Il
naso, reticente in apertura, esprime sfumature erbose vagamente simili al
precedente, ma con un approccio di evoluzione più avanzata e terziaria
leggermente tamarindoso. Tanta liquirizia, poi caffè, cuoio e legni dolci. Il
meglio lo dà in bocca: tagliente e severa, ha una progressione acido-tannica
vibrante e serrata, chiusa da un finale salino molto persistente.
Con la terza e ultima batteria si
va più indetro nel tempo, con due bottiglie che superano il traguardo dei 20
anni di vita.
Barolo Bricco Boschis Vigna S.
Giuseppe Riserva 2004 – Cavallotto
Una delle aziende-simbolo di
Castiglione Falletto, quella della famiglia Cavallotto, che dall'immediato
secondo dopoguerra vinifica le uve di proprietà. In vigna si segue la filosofia
dell'Agricoltura Biologica, mentre in cantina le lunghe macerazioni precedono invecchiamenti
prolungati in botti grandi. La Vigna S. Giuseppe – monopolio dei Cavallotto - è
la parte centrale, il cuore, del Bricco Boschis: 2,45 ettari per 12.070 viti
piantate nel 1961.
Ancora in uno stadio giovanile
del proprio sviluppo, si esprime soprattutto su note di frutto speziato quasi
“dolce” completato da scie balsamiche e netti rimandi ai chiodi di garofano;
l'ingresso in bocca è setoso, lo sviluppo pieno e la dinamica gustativa
compatta, precisa e sapida. Il finale regala un'adeguata spinta tannica, che
tratteggia infine una bottiglia di elegante classicismo.
Barolo Vigna Cappella di S.
Stefano 2001 – Rocche dei Manzoni
La creatura dell'ex ristoratore
di Caorso (Pc) Valentino Migliorini, fondata nel 1974 a Monforte, in località
Manzoni, da sempre cerca di coniugare una precisa filosofia aziendale (che, ad
esempio, predilige l'uso di barriques, nuove e non, per tutte le etichette
aziendali, Metodo Classico compresi) e l'imprinting del territorio.
Ormai è Rodolfo Migliorini, figlio di Valentino, a gestire l'azienda (in
Biodinamica certificata dal 2017) ed a cercare nuove possibilità espressive e
di racconto dei terroir di Monforte, anche attraverso innovazioni tecniche come
le “uova” di cemento.
Prodotto per la prima volta nel
1993, il Vigna Cappella di S. Stefano proviene da parte dei 6 ettari del Cru di
S. Stefano di Perno. L'annata 2001 mostra subito una netta impronta balsamica e
di marasca che accompagna il bicchiere per tutto l'arco della degustazione,
emergendo anche nel retrogusto. I tannini mordaci sono ancora piuttosto vivi ed
innervano un corpo strutturato e sapido, gustoso. Forse leggermente monocorde,
più che altro sul versante aromatico, ma ancora con tanta vita davanti.
Barolo Rocche dell'Annunziata
1997 – F.lli Revello
Dopo il trasferimento da Cherasco
a La Morra, la famiglia Revello inizia un lungo processo che la porterà ad
imbottigliare il primo Barolo nel 1967 e via via a valorizzare le varie
sottozone, in parte acquistate nel corso degli anni. L'esordio delle Rocche
dell'Annunziata (da una parcella di vecchie vigne estesa per soli 0,3 ettari)
risale al 1996, quattro anni dopo l'inizio della collaborazione amichevole con
Elio Altare. A parte i severi diradamenti in vigna, l’approccio alla
vinificazione è “modernista”, con una macerazione di circa una settimana in
rotofermentatori (a temperatura controllata e costante di 28-30 gradi), ma utilizzando
lieviti indigeni e senza chiarifiche o filtrazioni. Lo stile aziendale, pur
modificatosi negli anni a favore di estrazioni minori ed un uso più ragionato del
legno, cerca comunque di produrre Barolo che si prestino a lunghi affinamenti
in bottiglia, ma che al tempo stesso siano pronti nell'immediato.
La Morra e Le Rocche ci regalano
una interpretazione di Barolo giocata su un frutto balsamico più largo ed
accogliente, fino a sfiorare la caramella mu e che, con l'ossigenazione,
ricorda la grafite. Attacco di bocca morbido e suadente che trova qualche
graffio tannico nel finale, pur mancando la spinta finale del fuoriclasse.
Barolo Gran Bussia 1998 –
Aldo Conterno
Fondata nel 1969, ma con una
lunga storia viticola famigliare alle spalle, la realtà viticola - con sede in
località Bussia – vede attualmente alla guida i tre figli di Aldo Conterno:
Franco, Stefano e Giacomo. Il Gran Bussia nasce nei
migliori vigneti della Bussia, a Monforte d'Alba, da nebbiolo delle
sottovarietà Michet e Lampia. Dopo macerazione di 30 giorni sulle bucce in
acciaio inox ed affinato per oltre 30 mesi in botti di rovere, evolve poi in
bottiglia per altri sei anni prima di essere messo in commercio, per un totale
di circa 9 anni di affinamento complessivo. È la sintesi di tre vigne storiche della Bussia, confinanti e di
pari livello qualitativo: Romirasco, Cicala e
Colonnello (che l'azienda vinifica anche separatamente in specifiche
etichette) ed è prodotto assemblando le uve delle viti più vecchie prima della
fermentazione e nelle seguenti rispettive percentuali: 70% - 15% - 15%.
Storicamente viene prodotto solo nelle annate migliori.
Nel bicchiere subito sbuffi esuberanti
di volatile, poi sentori ematici, balsamici e di cuoio insieme a note di prugna matura e di confettura di frutti di bosco. Bocca piena e complessa, arricchita da nobili tannini serrati, anche se nel finale la volatile torna a mordere. C'è profondità e ancora spinta strutturale: una bottiglia grande a metà.
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